Il 15 marzo 1545
Papa Paolo III convocò il Concilio a Trento (chiamato pure Concilio
tridentino, XIX concilio ecumenico della chiesa cattolica) per
contrastare la Riforma Protestante guidata da Martin Lutero. Due anni
dopo, mentre erano in corso i lavori, la città di Trento fu colpita
da un’epidemia di colera e i cardinali furono invitati a
trasferirsi a Bologna per continuare le loro assemblee sulla
Controriforma della Chiesa Cattolica.
I porporati arrivarono al porto
di Malalbergo il 19 marzo 1547 accolti da due rappresentanti del
Senato Bolognese e qui probabilmente pernottarono, poichè arrivarono
al porto di Corticella il giorno seguente, navigando sul Canale
Navile (1); da questa località il viaggio proseguì verso Bologna a
bordo di comode carrozze.
Il Concilio “bolognese” fu aperto il 27
marzo con una solenne cerimonia in S. Petronio, dove per l’occasione
fu inaugurato il nuovo altare del Vignola; le riunioni si tennero nel
palazzo Sanuti di proprietà della famiglia Campeggi.
Luciano Meluzzi
ci informa che
Il “mistero” di Afro Basaldella… e del suo ” Malalbergo”. Giulio Reggiani
Capisco che molti lettori potrebbero restare un po’ interdetti di fronte all’argomento storico che sto per affrontare qui, ma sono in grado di assicurare che la trattazione seguente ha notevole attinenza con questo nostro territorio comunale. Vorrei iniziare, però, dando alcune notizie biografiche su questo grandissimo esponente dell’astrattismo italiano.
Afro Libio Basaldella nacque ad Udine il 4 marzo 1912; compì i suoi primi studi a Firenze ed a Venezia, dove si diplomò al liceo artistico di quella città nel 1931. Successivamente si recò dal fratello Mirko a Roma, città in cui conobbe artisti di fama quali Scipione, Mafai e Cagli, e nello stesso anno a Milano, ove frequentò lo studio di Arturo Martini ed incontrò Birolli e Morlotti.
Nel 1933 si trasferì definitivamente a Roma, dove partecipò, assieme a Guttuso, Scialoja, Leoncillo, Fazzini ed altri, alla II Quadriennale Romana. Nel 1937 tenne la sua prima mostra personale e l’anno dopo fu chiamato alla Biennale di Venezia con due opere, Pastori ed Oreste. Nel 1939 tenne una personale a Genova, intitolata Disegni di Mirko e Pitture di Afro, ed una a Torino, mentre a Roma prese parte alla III Quadriennale. Durante il periodo bellico realizzò svariate opere d’influenza
Ipotesi sull’origine del nome di Galliera. Franco Ardizzoni
IPOTESI SULL’ORIGINE DEL NOME DI GALLIERA
L’origine del nome di Galliera non è ben chiaro poichè esistono diverse ipotesi. Ipotesi espresse da studiosi seri e documentati come Alfonso Rubbiani ed Edmondo Cavicchi, ma anche da studiosi poco informati come Ovidio Montalbani.
– Alfonso Rubbiani teorizzava che il nome potesse derivare dai Galli Boi , che avevano abitato le zone marginali dell’agro bolognese dopo l’arrivo dei Romani. Cioè come era avvenuto per altre località che ancora oggi conosciamo: come Gallo ferrarese (comune di Poggio Renatico), un altro Gallo (nei pressi di Castel S. Pietro), Forum Gallorum (oggi Castelfranco Emilia), Campus Gallianus (Campogalliano, oggi in provincia di Modena). Ma mentre per le suddette località la radice è sempre “Gall”, per Galliera non è¨ la stessa cosa in quanto nella latinità , in pieno Medioevo, il suo nome era “Galeria”, come risulta da alcuni documenti, di cui il più antico risale all’anno 997. Pertanto l’ipotesi di Rubbiani non avrebbe più senso poichèmille anni fa il nome era Galeria e soltanto successivamente, probabilmente per effetto del dialetto, divenne Galira e poi Galiera, con una sola L . Infine Galliera.
– Un’altra ipotesi, proprio dovuta al nome Galeria, è avanzata nel 1868 dal prof. Francesco Rocchi, docente di archeologia all’Università di Bologna. Il
Da Malalbergo a Castelluccio. Alessandro Manservisi (o Manservigi?). Ricerca di Dino Chiarini
DA MALALBERGO A CASTELLUCCIO
Alessandro Manservisi o Alessandro Manservigi?
(un grande filantropo e benefattore nato a Malalbergo)
Questo interrogativo (quello del titolo, tanto per intenderci) cominciò a
frullarmi nella mente qualche tempo dopo che il prof. Renzo Zagnoni
m’interpellasse per chiedermi di fare una piccola ricerca su
Alessandro Manservisi -una persona famosissima in tutto il Comune di
Porretta Terme, ma particolarmente nella frazione di Castelluccio– e
cioè per un libro che stava scrivendo su tale personaggio. Ebbene,
questa breve indagine presso l’Archivio Parrocchiale di Malalbergo mi
portò a scoprire, dalla grafia del documento originale, che il suo
vero cognome era Manservigi. E Manservigi è tuttora un gruppo
familiare presente in paese. Eccovi allora i risultati riguardo i
miei estemporanei studi su quest’uomo che a me, prima d’oggi, era
veramente sconosciuto. Quindi ho pensato di proporvi, oltre alle mie
considerazioni, anche la sua biografia così come l’ho ricavata dai
documenti
L’antica Pieve di S. Vincenzo. Ricerca storica di Franco Ardizzoni
L™ANTICA PIEVE DEI SANTI
VINCENZO ED ANASTASIO IN SALTOPIANO
La pieve di San Vincenzo è una
delle più antiche della pianura bolognese, forse la più
antica in assoluto. Infatti, secondo i documenti ancora esistenti, E’
citata per la prima volta in un placito tenuto a Cinquanta (
San Giorgio di Piano) nel IX secolo:
l’anno 898 (IX secolo) in un
giorno non meglio precisato del mese di luglio, Guido, conte di
Modena, accompagnato da Agino (o Aginone), vasso dell’imperatore
Lamberto , e Bertolfo, visconte di Cittanova , nonchè castaldi e
vassi del conte, notai e scabini di più¹ luoghi del modenese, del
reggiano e del bolognese, si incontrano a “Villa que dicitur
Quingentas” (poi identificata come Cinquanta, località nei
pressi dell’attuale S. Giorgio di Piano) per emettere un placito
(pubblico giudizio) nella vertenza tra il monastero di Nonantola e la
chiesa di Modena per il possesso della corte di Cannedolo nei
dintorni di Solara (presso l’attuale Bomporto). Il placito fu
emesso in favore del monastero di Nonantola, il cui abate, di nome
Storia della Casa del popolo di S. Giorgio di Piano. Anna Fini
** Ricerca di Anna
Fini basata su studi
di Luigi Arbizzani1,
su documenti dell’archivio storico del Comune di San Giorgio di
Piano e su testimonianze raccolte.
“Le sedi dei
partiti operai e bracciantili a S. Giorgio si costituirono alla fine
dell’ottocento e s’ identificarono, come in tanti altri paesi
della campagna, con le sedi delle Case del Popolo.
La
formazione di queste sedi stabili avviene in 2 momenti successivi.
In un primo
tempo2 il ritrovo
dei movimenti di operai, artigiani e contadini era nei posti più
popolari: le osterie.
Gli aderenti
ai movimenti (in modo particolare in Emilia Romagna) si ritrovavano
in questi luoghi tradizionali per trascorrere il tempo fuori dal
lavoro, per riposarsi, per riunirsi tra amici e per giocare;
facevano così crescere le loro organizzazioni, proteggendosi
nell’anonimato che gli esercizi pubblici potevano offrire.
Successivamente
e sino ai primi due decenni del novecento si diffusero le Case del
Popolo; qui le organizzazioni operaie e bracciantili elessero le sedi
dei circoli, delle leghe, delle cooperative di consumo e delle Camere
del Lavoro.
“…Dopo
Bernardino Ramazzini, padre della medicina del lavoro
Bernardino Ramazzini (Carpi, 3 novembre 1633
, Padova, 5 novembre 1714)
E’¨ stato un medico e scrittore italiano.
Proveniente da una modesta famiglia di Carpi,
viene avviato agli studi di medicina
all’Università
Consiglio direttivo del 29/10/2013
Martedì 29 ottobre 2013 alle ore
21.00, nella sede di Castello d’Argile, in via Europa Unita, si
riunisce Il Consiglio Direttivo allargato ai soci dell’Associazione,
per discutere il seguente o. d. g.:
1) Programmazione iniziative e ricerche
future del gruppo
2) Proposta di pubblicazione da parte
del socio Franco Ardizzoni
3) Varie ed eventuali
Consiglieri presenti: Gian Paolo
Borghi, Magda Barbieri, Anna Fini, Franco Ardizzoni, Elisabetta
Zambelli.
PROGRAMMAZIONE INIZIATIVE:
1) Il presidente Borghi dice di aver
tentato la via della collaborazione coi sindaci dell’Unione Reno
Galliera per organizzare il convegno sull’acqua, ma non ha
riscontrato molta disponibiltà per altri impegni dei sindaci o per
scarso interesse.
Il Comune di Argelato darebbe comunque
la sua disponibilità per gli spazi tuttavia, mancando l’avvallo
degli amministratori, Borghi valuta che forse l’iniziativa perde
d’interesse. Egli ripropone l’idea di realizzare un incontro
sull’Associazionismo e sui gruppi legati, come noi, agli studi
storici del territorio; diverse associazioni e gruppi sono già stati
contatatti. L’iniziativa si
1914 – L’illuminazione pubblica a S.Giorgio di Piano passa dall’acetilene all’elettricità . Anna Fini
2014: CENTO ANNI DELLA
ILLUMINAZIONE ELETTRICA PUBBLICA A S. GIORGIO DI PIANO. Ricerca
di Anna Fini
Esattamente 100 anni fa, nel
1914, nel comune di San Giorgio di Piano si passava
dall’illuminazione pubblica a gas acetilene all’illuminazione
elettrica. Ma come avvenne questo passaggio?
Nel lontano 1912 la SocietÃ
Elettrica di Bologna chiese d’iniziare le pratiche per
impiantare una rete di pubblica illuminazione elettrica a San
Giorgio. La Giunta, allora presieduta dal Sindaco
Gaetano Rossi, pensando che questo nuovo sistema fosse
più sicuro, più economico e più pratico rispetto al sistema sin a
quel momento utilizzato, affidò all’assessore Gaetano Tommasini
l’incarico di studiare l’argomento.
San Giorgio attraversava, in quegli
anni, uno “sviluppo dell’arte edilizia†con un aumento
delle dimensioni del paese che aveva reso l’impianto
d’illuminazione a gas acetilene insufficiente ed era quindi
indispensabile la sua estensione oppure la sua sostituzione con un
impianto a luce elettrica. Le due soluzioni vennero vagliate
dall’Amministrazione
Il mulino di Malalbergo. Dino Chiarini e Giulio Reggiani
Sulla via Nazionale, proprio in centro a Malalbergo, a pochi passi sia dal
Municipio (alla sua sinistra) che da Palazzo Marescalchi (alla sua
destra), sorge un palazzone adibito a Centro Commerciale.
Però tutti sanno che lì, tempo fa, c’era il mulino.
Parecchi
abitanti ne serbano ancora memoria e per questo ricordo non importa
scomodare i soliti “anzianiâ€. Tuttavia questa reminiscenza
riguarda l’edificio
(alto, imponente, con il suo lato ovest a forma semicircolare) ma non
l’opificio
vero e proprio nella sua attività originaria della molitura: e ciò
in quanto le macine cessarono il loro nobile lavoro circa
sessant’anni fa (1).
Ma
ci vengono spontanee due domande: che cos’è il mulino e perché ha
questo nome? In verità il mulino è uno strumento che produce un
lavoro meccanico, derivante dallo sfruttamento di una forza, sia essa
l’energia elettrica,