E’ con profondo dolore che devo comunicare a soci e lettori la morte improvvisa di Franco Ardizzoni, socio fondatore, consigliere e preziosissimo collaboratore e amico del Gruppo di Studi pianura del Reno. Bravissimo ricercatore e studioso di storia locale, con decennale attenzione particolare per Galliera, attento e appassionato fotografo delle caratteristiche più interessanti del nostro territorio, la sua scomparsa è per noi una perdita incolmabile.
Sarà di futura consolazione la testimonianza che ci resta nei suoi libri e pubblicazioni e nei tanti articoli scritti per questo sito, oltre alle foto apparse in tante mostre da lui allestite.
https://get.google.com/albumarchive/101640191564179251531/album/AF1QipNARHIwPSF8-OpvNgHEb8wRJDiiKA6HjWsl9IaY
Sentite condoglianze ai famigliari a nome del Presidente Gian Paolo Borghi e di tutto il Gruppo di studi pianura del Reno.
NB Annuncio pubblicato nel 2017
Risotto alla folaga. Storia e ricetta. Dino Chiarini
Il risotto alla folaga.
Ricerca di Dino Chiarini
Prima di presentare il
tradizionale piatto delle zone palustri della bassa
bolognese, effettuo una breve carrellata sui due principali
ingredienti che compongono questa ricetta e il ristorante dove si può
ancora degustare questa delizia del palato.
CONOSCIAMO UN PO’ IL RISO
Il
riso si era affermato in Italia fin dal Trecento primo documento
che dimostra la coltivazione del riso in Italia porta la data del
1475 ed è la lettera scritta da Galeazzo Maria Sforza al Duca di
Ferrara in cui egli si impegnava ad inviargli dodici sacchi di riso
locale. Quindi la produzione alimentare del riso iniziò in Lombardia
e pian piano si estese nelle zone ricche di acqua della pianura
padana; con la diffusione delle risaie si ebbe un aumento di casi di
malaria e nonostante i provvedimenti che cercavano di limitare la sua
coltivazione nelle vicinanze dei luoghi abitati, la coltura si
espanse ugualmente. Questo avvenne poiché rispetto agli altri
cereali il guadagno sul riso era molto più consistente; anche i
coltivatori,
I Biscotti del Re. Storia e ricetta, di Dino Chiarini
I biscotti del Re .
– Storia e ricetta-
Il 6 giugno 191 Vittorio Emanuele III, Re d’Italia,
dopo aver visitato gli impianti idrovori di Argenta e di Molinella, si recò ad Altedo per vedere un nuovo metodo di aratura funicolare in risaia
con nuove apparecchiature, mosse non più da locomobili a vapore ma
da moderni motori elettrici. Il corteo che accompagnava il Re giunse
ad Altedo verso le ore 10 e si fermò vicino al mulino di
proprietà del Sindaco di Malalbergo Zeno Pezzoli, il quale,
non essendo ancora pronto, fece attendere il sovrano. Per alleviare
l’mprevisto contrattempo, la figlia del Primo Cittadino prese da
un vaso, collocato sulla tavola, un mazzo di fiori ed uscì di casa
porgendolo repentinamente al Re; l’acqua ancora presente sui gambi bagnò i pantaloni del sovrano. Il ritardo causato dal sindaco, che rallentava i tempi sempre rigorosi del cerimoniale, come pure i pantaloni bagnati al Re, non rappresentavano certamente i prodromi di un’ottima
Pasta e fagioli. Storia e ricetta. Giulio Reggiani
A tavola in Emilia-Romagna. Pasta e fagioli.
Ricerca di Giulio Reggiani
Uno
dei piatti tipici delle zone fra bolognese e ferrarese
è senza dubbio la pasta cotta nel brodo di fagioli. Veniva chiamato
familiarmente pasta in fagioli e lo si poteva
mangiare assai spesso nelle case coloniche, sulle tavole di paesi e
città , oltre che nelle trattorie; anche le osterie, particolarmente
nell’Ottocento, lo proponevano ai loro avventori, ma lo si trovava
di frequente pure sulle tavole dei braccianti di queste zone, in
quanto costituiva una vivanda molto energetica: poi immancabilmente
gli s’inzuppava il pane e si andava così a costituire un
particolare piatto unico tipico di tutto quel mondo padano che
oggi va sotto il nome di civiltà contadina.
Rappresenta
tuttora una portata molto gradita nelle trattorie della nostra
pianura e pure i ristoranti più “sofisticati†propongono ai loro
clienti questo “primo piattoâ€, magari accoppiandolo a qualche
raffinato abbinamento da nouvelle cuisine (però, così
facendo, a mio avviso lo rovinano grandemente). Dobbiamo dire che
sulle nostre tavole lo si mangia assai raramente,
La pasta ripiena, in Emilia Romagna. Giulio Reggiani
La pasta ripiena ha una lunga tradizione in tutta l’Emilia-Romagna; molti cronisti cittadini ci testimoniano che questi particolari manicaretti erano già presenti sulle tavole di nobili e borghesi fin dal tardo Medioevo e che erano in gran voga in tutto il Rinascimento; i banchetti, nelle Corti Signorili, erano occupati da svariate forme di pasta farcita assai simili a quelle odierne ed anche realizzate con inusitata modernità : si potrebbe dire che erano -quasi- come le facciamo noi oggi.
Cristoforo Messisburgo, il famoso cuoco della Corte Estense, ci ha tramandato tantissime ricette legate ai banchetti che, per dovere (politico) o per diletto, si tenevano a Ferrara: fra queste figurano pure numerosi impasti, da lui cucinati per gli ospiti.
La pasta ripiena è sempre stata concepita come un involtino, fatto da un involucro di sfoglia contenente una farcitura: questa ne costituisce il cuore apportatore di sapore, il quale, poi, conferisce il suo particolare gusto a tutto il piatto.
Per quanto riguarda la sfoglia, cioè il contenitore del ripieno, si può dire che abbiamo una completa uniformità regionale riguardo la sua composizione ed il modo di prepararla; la vera differenza sta appunto nella parzializzazione della stessa, cioè nelle dimensioni del
Il sublimato di mercurio e il primo processo per inquinamento atmosferico, a Finale, nel 1689. Galileo Dallolio
1–Il trionfo del mercurio :
una vicenda che ha riguardato anche
Finale
Partendo
dall’evento che ha dato a Finale il singolare primato di essere il
luogo dove, per la prima volta in Italia, si sia fatto, nel 1689, un
processo per inquinamento atmosferico dovuto alla produzione di
solimato di mercurio, credo sia utile farsi un’idea di un
prodotto che ha avuto una larga diffusione nella pratica medica e
cheè¨ ancora citato nei prontuari e nei repertori dei termini medici
del 1960. (1)
Ricordo
che il processo si è concluso con l’assoluzione dei produttori ,
ma ha messo in moto una serie di eventi che meritano di essere
studiati. Mi riferisco all’amicizia fra Ramazzini e Leibniz ,
coinvolti entrambi nel processo per un atto di cortesia, e al
contributo di Leibniz alla fortuna europea del De morbis
artificumâ Il libro sancisce la nascita della medicina del lavoro
con ben 60 schede di malattie collegate a diversi mestieri e
Francesco Giampietri , nel
Luigi Groto, il “cieco d’Adria” “terremotato” a Malalbergo nel 1570. Dino Chiarini
Luigi Groto -o Grotto,
come riportano alcuni documenti- (Adria, 7 settembre
1541–Venezia, 13 dicembre 1585) fu un celebre drammaturgo, poeta,
filosofo, musicista, ambasciatore di Adria presso la Serenissima
Repubblica. Era figlio di Federico e di Maria de’ Rivieri ed
appartenente ad una famiglia della piccola nobiltà adriese
proprietaria di vasti terreni; venne colpito da cecicità completa
all’età di otto anni. Fu membro di varie Accademie letterarie, tra
cui quella di “Umanae Litterae†di Adria, ed istituì una propria
scuola, l’Accademia degli Illustrati. Compose numerose poesie,
svariate commedie e tradusse diverse opere dal greco. Nei primi mesi
del 1567 fu processato come eretico per aver letto e conservato
alcuni libri di Erasmo da Rotterdam e di Bernardino Ochino: proprio
per questo motivo fu escluso dall’insegnamento. Più tardi,
precisamente l’8 luglio 1567, il processo si chiuse con l’abiura del
Groto ed il gesto lo rese sì libero dalle censure e dalla prigione a
vita, ma non gli consentì di tornare a insegnare, lasciandolo
La Pastolaccia e la Micca di Malalbergo. Dino Chiarini
“La Pastulaze e la Mèca ad Malalberg” (La Pastolaccia e la Micca di Malalbergo) – Storia e ricette
1) La Pastolaccia (Pastulez in dialetto locale) è una ciambella tipica malalberghese che utilizza gli stessi ingredienti del più noto biscotto “Savoiardo”: però gli è differente per la sagomatura, in quanto viene tagliata a fette trasversali, come il Cantuccio toscano o come il Biscotto del Re altedese. In verità la Pastulaza, rispetto a quest’ultimi due dolcetti, è priva di mandorle e di burro, componenti indispensabili sia per il Cantuccio, sia per il Biscotto del Re. Secondo i racconti a noi tramandati oralmente dalle anziane signore malalberghesi (che a loro volta le avevano appresero dalle loro nonne) questo composto, fatto solo con farina, zucchero, uova e un po’ di lievito, risale alla seconda metà dell’Ottocento. Pare che l’idea fosse venuta ad un fornaio malalberghese che l’attuò dopo aver esaminato varie ricette suggeritegli dai viaggiatori (provenienti da diverse provincie italiane ed anche da svariati paesi europei), che qui transitavano per raggiungere le città di Bologna, Ferrara e Venezia. Essi spesso si
Cooper Willyams, da Brighton ad Abukir, ad Altedo. Dino Chiarini
Cooper WILLYAMS ad Altedo
Cooper Willyams, nato a Brighton il 22 giugno 1762, era figlio di John Willyams, un capitano della Royal Navy; tutta la famiglia aveva sempre avuto forti tradizioni militari, invece Cooper studiò a Canterbury dove nel 1784, dopo aver conseguito il diploma, pronunciò i voti diventando curato in una piccola chiesa nei dintorni di Gloucester, città dove risiedeva la madre; successivamente, nel 1791 fu nominato Vicario nel Sussex.
Ma il richiamo della tradizione marinaresca familiare lo portò, nel 1794, ad imbarcarsi su una nave della flotta del Contrammiraglio Orazio Nelson come cappellano per la campagna delle Indie; partecipò pure nel 1798 alla famosa “Battaglia del Nilo” (detta in Francia Battaglia di Abukir) in cui la flotta britannica sbaragliò quella francese, tanto che alcuni mesi dopo Napoleone dovette abbandonare il suo esercito in Egitto e tornare da sconfitto in Francia.
Dopo quello scontro navale, ma sempre nel 1798, arrivò a Livorno e da qui iniziò il suo personale Grand tour, cioè¨ quel viaggio attraverso l’Italia che molti giovani europei, nobili o intellettuali, intraprendevano lungo tutta la Penisola; raggiunse dapprima Firenze poi, proseguendo oltre l’Appennino, arrivò nella Legazione bolognese; si fermò
Antichi mestieri nella “civiltà contadina” . Giulio Reggiani
A POGGIO RENATICO TRA OTTOCENTO E NOVECENTO. ANTICHI MESTIERI
Vorrei
qui proporre ai nostri lettori un breve excursus su alcuni di
quei mestieri che ora non esistono più; il termine antichi che
ho usato nel titolo non si riferisce naturalmente alla cronologica
antica ma a quel modo di dire comune che tende a far
riferimento a cose o avvenimenti passati da parecchio tempo. In
questo caso il legame è con la cosiddetta civiltà contadina,
che si esaurì solo negli anni ’50 e ’60 del XX secolo; ma la
trasformazione della società italiana da agricola ad industriale
investì non soltanto le città, sia grandi che piccole, ma pure i
nostri cosiddetti paesi di campagna, incidendo in modo assai
profondo