
I “miniassegni”, i “biglietti fiduciari” e …
– Testo di Dino Chiarini –
Nella prima decade di dicembre del 1975, fecero la loro comparsa in tutta Italia i miniassegni, un particolare tipo di “cartamoneta” emessa dall’Istituto San Paolo di Torino, seguita da diversi istituti bancari per far fronte alla carenza delle monetine di piccolo taglio. In pratica questi piccoli assegni sostituirono caramelle, dolciumi, o gettoni telefonici, che i commercianti davano come resto, non avendo a disposizione gli spiccioli.
Questi mini-assegni, chiamati così perché erano a tutti gli effetti assegni circolari ma di dimensioni e d’importi molto ridotti, solitamente avevano un valore che andava da 50 fino a 350 lire; essendo dei titoli al portatore, erano facilmente scambiabili come fossero vera moneta corrente.
Fu un evento accettato anche dalla lingua italiana: infatti essi divennero così “comuni” fra la gente che fu accettato il lemma miniassegno come vocabolo ordinariamente usato: infatti il termine veniva scritto tutto attaccato, cioè senza neppure la lineetta di separazione che indicava l’originaria unione di due parole: mini+assegno. Tra le trentadue banche coinvolte in questa operazione, mi limiterò a citare solo le due banche emiliane: la Banca Agricola Commerciale di Reggio Emilia e la Banca di Credito Agrario di Ferrara.
Molti “Grandi magazzini” e diversi commercianti, visto l’impatto favorevole dei