La torre Conserva è un edificio di fine Quattrocento o inizi Cinquecento, che si scorge sulla sinistra percorrendo la strada S.Alberto, da S.Pietro in Casale verso S.Vincenzo, appena dentro il territorio di Galliera ed è posta al n. 5 della omonima via Torre. E’ una casa-torre sviluppata su tre piani dell’altezza complessiva di circa 18 metri e con una base leggermente rettangolare di circa mt.8×6, ai cui lati sono state addossate due ulteriori costruzioni .
Costruita probabilmente dai Malvezzi, antica famiglia senatoria bolognese, i quali nel XV secolo, possedevano molte terre nella zona a partire da S. Alberto (oggi in comune di S. Pietro in Casale), attraversando parte del comune di Galliera, e verso il territorio ferrarese fino alla località Raveda, nei pressi di Mirabello.
Allora il fiume Reno non aveva l’attuale percorso, ma da S. Agostino proseguiva verso nord immettendosi nel Po all’altezza di Porotto ed il territorio bolognese arrivava fino alla torre Verga (oggi non più esistente) appunto vicino all’attuale Mirabello, per cui i Malvezzi potevano coltivare ed amministrare le loro terre senza troppi impedimenti, non avendo l’ostacolo del fiume.
La torre si trova a poca distanza dal Palazzo della Tombetta, villa padronale costruita dalla stessa famiglia e sede della tenuta Tombetta, un vasto tenimento di 570 tornature che nel 1801 Francesco e Giuseppe Malvezzi vendettero ad Antonio Aldini e che nel 1812 andò a far parte del Ducato di Galliera.
Nella carta della pianura bolognese, pubblicata da Andrea Chiesa nel 1740-42, la torre è indicata con il nome Malvezzi, ma in altre pubblicazioni più recenti viene nominata come torre Conserva, come Tombetta o come Raffia Vecchia, anche se questo nome si riferisce al podere di fronte ad essa, dall’altro lato della strada. Infatti in documenti conservati presso l’archivio parrocchiale di Galliera a metà Ottocento sono indicati il predio Conserva, che è quello in cui si trova la torre, ed il Predio Graffia, cioè quello di fronte.
La Torre, che fino a metà degli anni settanta era ancora intatta e discretamente conservata (vedi foto), si trova oggi purtroppo allo stato di rudere e la sua sorte appare irrimediabilmente segnata. Con gli oltre quattro secoli di vita, durante i quali avrà sopportato ogni sorta di violenza, di trasformazioni e di ricostruzioni, resistendo a guerre ed alluvioni, ha ora dovuto arrendersi allo stato di abbandono ed all’incuria, così come succede a molte case di campagna che, non essendo più abitate, crollano su se stesse come funghi troppo maturi. Infatti la parete nord è ormai completamente crollata, portandosi nel crollo metà della torre in senso verticale, mentre la parete sud, che rappresenta la facciata principale, risulta ancora miracolosamente intera, ma manca ormai del tetto, e lascia intravedere i tamponamenti eseguiti in chissà quali momenti della sua storia. Così si può osservare che, sulla sinistra, vi era un’ampia apertura fra il secondo ed il terzo piano ed un’altra esisteva oltre il terzo.
Sulla destra della facciata, sempre fra il secondo ed il terzo piano, ma più in alto di quella di sinistra, è ben visibile un’apertura ad arco, identica a quella della porta al piano terreno e sulla stessa linea verticale.
Nella parete principale della torre esistono tre finestre, di cui due hanno doppio battente mentre la terza (fatto curioso) ne ha uno soltanto.
Le finestre sulle due costruzioni laterali non sono sulla stessa linea di quelle della torre ed anche le dimensioni sono differenti. Evidentemente sono state fatte in periodi diversi.
Sulla facciata è ancora presente lo stemma del Ducato di Galliera, creato da Napoleone Bonaparte nel 1812, di cui la torre ed il terreno circostante hanno fatto parte.
Nella Pianta Generale delle terre del Ducato di Galliera, stampata in Francia nel 1823, a proposito del toponimo Tombetta vengono indicate risaie e magazzini di riso, mentre per quanto riguarda la Conserva sono segnalati terreni arativi, piantate di alberi e vigne.
Nel 1919 l’allora duca di Galliera, don Antonio d’Orleans, vendette le terre del Ducato a Gino Lisi, che le acquistò per conto della Società Anonima Imprese e Conduzioni Agricole di Roma, la quale nel 1926 le cedette a Silvio Bignetti, a Giacomo Migliorati ed ai fratelli Tosoni in ragione di un terzo ciascuno. Nel 1935 i fratelli Brenno ed Enea Venturi acquistarano dagli eredi di Silvio Bignetti la tenuta di cui facevano parte la Tombetta e la torre Conserva. Nel 1956 furono vendute ad acquirenti diversi.
Questa torre, come altri edifici simili, si può dire sia vittima del benessere e del progresso. Infatti fino a quando era abitata da famiglie di modeste possibilità , che si scaldavano con il camino o con una stufa messa nella cucina e mettevano nel letto il “prete†(apposito telaio per contenere il braciere detto suora perchè nelle camere c’erano delle fessure dove poteva passare un dito, che lasciavano entrare degli spifferi di aria gelida, la manutenzione dello stabile veniva fatta regolarmente. Il proprietario riscuoteva la pigione per cui poteva investirne una parte per i lavori più grossi, come la sistemazione del tetto. Lo stesso inquilino aveva interesse a che tutto fosse in ordine e stava attento che non entrasse l’acqua perchè poteva far marcire le travature in legno. Ma quando le condizioni economiche delle famiglie sono migliorate i loro componenti hanno preferito trasferirsi in abitazioni moderne, con l’acqua in casa ed il riscaldamento in tutti gli ambienti. Cosicchè le vecchie case sono rimaste disabitate ed i proprietari, non potendole più affittare perchè non più a norma con le leggi attuali e non potendo o non volendo fare ristrutturazioni, sicuramente molto onerose, le hanno abbandonate al loro destino, per cui nel giro di qualche decennio sono andate in malora.
Franco Ardizzoni
Foto: La torre Conserva nel 1995 (foto di F. Ardizzoni)