Luigi Groto -o Grotto,
come riportano alcuni documenti- (Adria, 7 settembre
1541–Venezia, 13 dicembre 1585) fu un celebre drammaturgo, poeta,
filosofo, musicista, ambasciatore di Adria presso la Serenissima
Repubblica. Era figlio di Federico e di Maria de’ Rivieri ed
appartenente ad una famiglia della piccola nobiltà adriese
proprietaria di vasti terreni; venne colpito da cecicità completa
all’età di otto anni. Fu membro di varie Accademie letterarie, tra
cui quella di “Umanae Litterae†di Adria, ed istituì una propria
scuola, l’Accademia degli Illustrati. Compose numerose poesie,
svariate commedie e tradusse diverse opere dal greco. Nei primi mesi
del 1567 fu processato come eretico per aver letto e conservato
alcuni libri di Erasmo da Rotterdam e di Bernardino Ochino: proprio
per questo motivo fu escluso dall’insegnamento. Più tardi,
precisamente l’8 luglio 1567, il processo si chiuse con l’abiura del
Groto ed il gesto lo rese sì libero dalle censure e dalla prigione a
vita, ma non gli consentì di tornare a insegnare, lasciandolo
Il Risorgimento di casa nostra. Il caso di Castello d’Argile
IL RISORGIMENTO DI CASA NOSTRA. Quel che accadde a Castello d’Argile
Ricerca di Magda Barbieri
Gli eventi preparatori, dal 1848 al 1860
Gli abitanti di Castello d’Argile, a quel tempo in gran parte analfabeti
e poco informati delle vicende politiche nazionali, inizialmente non
compresero le motivazioni della causa italiana che nel 1848 stava animando molte parti d’Italia, sotto la spinta ideale e politica di Mazzini, Garibaldi, Cavour e l’appoggio militare del Regno di Sardegna.
Tanto che un gruppo di contadini cacciò in malo modo il padre barnabita di Cento, Ugo Bassi,
patriota attivo sostenitore della lotta per l’Unità d’Italia, quando venne in Argile ad animare i pochi disposti ad ascoltarlo.
Gli argilesi mostrarono consenso solo quando Pio
Dalla toponomastica popolare alla toponomastica “ufficiale”. Magda Barbieri
Per orientarsi e distinguere i luoghi e le strade rurali e urbane, nel parlare quotidiano, gli abitanti si abituarono ad inventare e usare denominazioni spontanee o popolari che, se ben motivate e facilmente riconoscibili e memorizzabili, diventavano di uso corrente nel tempo e per secoli.
Nelle città la denominazione poteva derivare dalla presenza prevalente di botteghe o artigiani di una determinata categoria ( fabbri, orefici, lanaioli, pescherie…), o anche dalle più svariate e fantasiose motivazioni , che tramandavano la memoria di un episodio importante o curioso, la presenza di un edificio o di un’insegna particolare.
Nelle zone rurali le denominazioni popolari traevano origine spesso da caratteristiche naturali o ambientali, come la presenza di un grande albero o di più alberi della stessa specie lungo il percorso (pioppi e roveri in particolare), di un bosco, di paludi o “lame” d’acqua; a volte poteva essere la denominazione di un oratorio all’inizio della via; altre volte, anzi spesso , era il cognome della famiglia dei possidenti dei terreni adiacenti e dell’immancabile palazzotto o villa signorile, presenti per secoli, che dava identità e denominazione ad una via o a un borgo.
Capitava spesso anche che tali denominazioni popolari, nel corso del tempo, venissero storpiate o alterate per errata trasmissione orale consolidata successivamente,
L’offesa della razza. Mostra e incontro pubblico
E’ aperta a Pieve di Cento, presso la Sala Partecipanza – Via Garibaldi, 25 la mostra
L’OFFESA DELLA RAZZA Razzismo e antisemitismo dell’Italia fascista.
A cura di Riccardo Bonavita, Gianluca Gabrielli, Rossella Ropa. Organizzazione: IBC-Soprintendenza per i beni librari e documentari della Regione Emilia-Romagna.
Catalogo: Patron Editore, Bologna.
– L’esposizione rimane allestita dal 18 aprile al 3 maggio 2009
Giorni e orari di apertura:- Sabato: dalle 15:30 alle 18:30.- Domenica: dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 18:30.- Sabato 25 aprile e Venerdì 1 maggio: dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 18:30. Ingresso libero
http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/
Storia della Casa del popolo di S. Giorgio di Piano. Anna Fini
** Ricerca di Anna
Fini basata su studi
di Luigi Arbizzani1,
su documenti dell’archivio storico del Comune di San Giorgio di
Piano e su testimonianze raccolte.
“Le sedi dei
partiti operai e bracciantili a S. Giorgio si costituirono alla fine
dell’ottocento e s’ identificarono, come in tanti altri paesi
della campagna, con le sedi delle Case del Popolo.
La
formazione di queste sedi stabili avviene in 2 momenti successivi.
In un primo
tempo2 il ritrovo
dei movimenti di operai, artigiani e contadini era nei posti più
popolari: le osterie.
Gli aderenti
ai movimenti (in modo particolare in Emilia Romagna) si ritrovavano
in questi luoghi tradizionali per trascorrere il tempo fuori dal
lavoro, per riposarsi, per riunirsi tra amici e per giocare;
facevano così crescere le loro organizzazioni, proteggendosi
nell’anonimato che gli esercizi pubblici potevano offrire.
Successivamente
e sino ai primi due decenni del novecento si diffusero le Case del
Popolo; qui le organizzazioni operaie e bracciantili elessero le sedi
dei circoli, delle leghe, delle cooperative di consumo e delle Camere
del Lavoro.
“…Dopo
Aurora Battaglia: il suo nome ad una scuola per ricordarla
A S. Giorgio di Piano una scuola comunale d’infanzia porta il nome di Aurora Battaglia. Chi era e perchè ricordarla nel tempo?
Aurora era una bambina di 9 anni che il 21 aprile 1945 fu uccisa , insieme alla madre e ad altre sei persone, nel cortile della casa dei nonni materni Dardi, a S. Giorgio di Piano, da un gruppo di tedeschi in ritirata, che per rappresaglia, vollero così vendicare la morte di un loro compagno ucciso da militanti nelle formazioni “SAP” della Resistenza. Il tragico episodio è stato così descritto (*)
“L’ultimo giorno dell’occupazione nazista è, per San Giorgio di Piano, il più tragico. Nel pomeriggio del 21 aprile – quando Bologna è giÃ
liberata da molte ore – nuclei di tedeschi di stanza nel paese s’apprestano a fuggire lungo il “fiume” degli altri nazisti che, lasciata la capitale emiliana, vanno verso il Po. [….] Poco fuori dell’abitato, nel podere condotto dai Dardi, sul far della notte, ad un atto di fierezza antinazista succede
Gelsi e seta in pianura .
Un importante filato veniva prodotto nelle nostre campagne: la seta.
La produzione della sete va di pari passo con la coltivazione del gelso.
L’importanza del gelso non è fine a se stessa ma strettamente legata ad un bruco che vive sul gelso, infatti viene chiamato bombice del gelso (bombyx mori), la cui larva comunemente chiamata baco da seta si nutre delle foglie del gelso.
Il bombyx mori sarebbe l’effetto della domesticazione della Theophilia mandarina, lepidottero assai comune in Asia. Si hanno notizie di allevamenti di bachi da seta a scopo economico in Cina presso il popolo dei Seri[i] a partire dal 27° secolo a.C..
La bachicoltura si estese in tutta l’Asia, ma solo nel VI sec. d.C. venne introdotta in Europa, prima in Grecia e poi in Sicilia, ma solo dopo si sviluppò in tutta l’Italia e in particolar modo nel Veneto e nella pianura padana, dove il gelso cresceva bene, portando l’Italia al primo posto tra i paesi sericoli del mondo. Poi si spostò dall’Italia all’Europa meridionale, in specie nella Francia dove Lione divenne uno dei mercati più¹ importanti per i tessuti e in concorrenza con Bologna che produceva veli e organzini. Per lungo tempo l’Italia importò tessuti di seta dall’Asia senza avere conoscenza di come effettivamente fosse prodotta. Sembra che monaci missionari portassero nel 552 d.C. a Costantinopoli, nascosti dentro un bastone cavo, i primi bachi e le
Il Ducato di Galliera. Dalle terre della “bassa” all’Europa. Franco Ardizzoni
Grazie a Napoleone ed ai Duchi De Ferrari il nome di Galliera è stato reso famoso in quattro città europee: Bologna, Genova, Parigi e Stoccolma. A Bologna vi era il Palazzo Galliera (già Caprara), ora sede della Prefettura, a Genova vi sono gli ospedali Galliera creati dalla duchessa Maria Brignole-Sale De Ferrari, a Parigi vi è il Museo Galliera eretto dalla Duchessa per esporvi la sua collezione d’arte; inoltre una delle strade che fiancheggiano il museo si chiama Rue Galliera, a Stoccolma circa 70 quadri già esistenti nel palazzo di Bologna fanno parte delle collezioni reali. (1) Ma partiamo dalle origini. La costituzione della tenuta di Galliera è strettamente legata alle vicende patrimoniali di Antonio Aldini. (2) E’ noto infatti chel’Aldini durante il periodo dell’occupazione francese, costruì un enorme patrimonio immobiliare acquistando fondi qua e là , buoni e cattivi, asciutti e umidi, in prossimità fra loro, in modo che a poco a poco, per frazioni riunite formò una vastissima tenuta.
Da semplice agiato divenne ricchissimo tanto da essere stimato, nel 1806, per non meno di 137.000 scudi censuari di Milano e nel 1801
risultò tra
Festa del Primo maggio. Cenni di storia
La Festa dei lavoratori, detta anche Festa del lavoro, è celebrata il 1° maggio
di ogni anno per ricordare l’impegno del movimento sindacale ed i traguardi raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori. La festa del lavoro è riconosciuta ufficialmente in molte nazioni del mondo ma non in tutte. Ha origini internazionali
Più precisamente, con essa si intende onorare le battaglie operaie volte alla conquista di un diritto ben preciso: l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore. Tali battaglie portarono alla promulgazione di una legge che fu approvata nel 1866 nell’Illinois (USA). La Prima Internazionale richiese poi che legislazioni simili fossero approvate anche in Europa. Convenzionalmente, l’origine della festa viene fatta risalire ad una manifestazione organizzata negli Stati Uniti dai Cavalieri del lavoro (Knights of Labor, associazione fondata nel 1869) a New York il 5 settembre 1882. Due anni dopo, nel 1884, in un’analoga manifestazione i Cavalieri del lavoro approvarono una risoluzione affinché l’evento
2 giugno 1946: nasce la Repubblica italiana
Il 2 giugno 1946 è una data importante , decisiva per l’Italia , di quelle che segnano una svolta fondamentale per la storia di una Nazione. Quel giorno, infatti , 28 milioni di italiani furono chiamati alle urne, per un voto finalmente democratico e “universale”, per scegliere tra Repubblica e Monarchia e per eleggere i 556 deputati dell’Assemblea Costituente, incaricata di redigere la nuova Costituzione.
Gli italiani, a maggioranza, scelsero la Repubblica , con 12.717.928 voti a favore (54,3%), contro i 10.769.284 che avevano espresso preferenza per la Monarchia (vigente dal 1860, con la dinastia dei Savoia). Voti nulli: 1.498.138
Per la prima volta ebbero diritto al voto anche le donne, grazie al Decreto legislativo luogotenenziale n. 23 dell’1 febbraio 1945 , quando l’Italia era ancora in parte occupata e in guerra, e la parte libera si era data un Governo provvisorio costituito dai partiti del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN). Un decreto successivo, del 10 marzo 1946, in un’Italia già libera, concedeva alle donne anche la possibilità di essere elette, nell’Assemblea Costituente e nelle altre istituzioni. In quel primo importante Organo furono 21 le