Le radici e le parentele dei dialetti. Galileo Dallolio

 

Raccolta di parole ed espressioni dialettali, con relativa etimologia,
scritta da Galileo Dallolio per la rivista La Fuglara di Finale
Emilia
e a noi gentilmente inviata. Con corredo di bibliografia finale.

Fumént, ‘far i fumént’: assumere un medicamento mediante suffumigio
(G.Sola). Il fōmentum è l’ ‘impacco caldo; alimento
per il fuoco’, dal latino fovēre ‘scaldare, bruciare’
che genera favilla e falistra (L’Etimologico di A.Nocentini).
Paltàm, ‘ciàr cmè
‘l paltàm’ (G.Sola). E’ una parola che si collega a
pantano, al lombardo palta, al piemontese pauta. Il
latino palus,
palude, dà origine padŭle e a
Pavullo. Ricordo di avere partecipato ad una grande grigliata
dove appena arrivati nei piatti i pesc cott pascà in dla
Bunifica, sfurzinada, seguì un momento di silenzio piuttosto
lungo. Poi ci fu il commento ‘al sa un po’ da paltàm ma le
cott dimondi ben’.
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Elisa Agnini Lollini, una bella storia di donna, nata in provincia

Elisa Agnini Lollini,
Finale Emilia 1858- Roma 1922: una bella storia
La racconta Galileo Dallolio sull’ultimo numero di Piazza
Verdi, periodico culturale di Finale Emilia, predendo spunto da alcune biografie edite recentemente e in particolare
dal libro scritto da Silvia Mori “La dama del quintetto”
che racconta la vita e l’esperienza della finalese Elisa Agnini
in Lollini, sorella di Gregorio Agnini. La post-fazione è
di Anna Foa: entrambe le autrici sono sue discendenti.
E’ un’occasione per conoscere una serie di storie di donne di
grande interesse che, attraverso le quattro figlie: Olga,
Clara, Livia e Clelia,
arrivano ai nostri giorni.
Storie e foto sono leggibili nel documento allegato.
Mettiamo qui in evidenza in primo piano la biografia tracciata da
Giulia Galeotti sull’Osservatore Romano l’8
marzo 2012 che ne fa questa bella presentazione: “Elisa
Lollini
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La pasta ripiena, in Emilia Romagna. Giulio Reggiani

La pasta ripiena ha una lunga tradizione in tutta l’Emilia-Romagna; molti cronisti cittadini ci testimoniano che questi particolari manicaretti erano già  presenti sulle tavole di nobili e borghesi fin dal tardo Medioevo e che erano in gran voga in tutto il Rinascimento; i banchetti, nelle Corti Signorili, erano occupati da svariate forme di pasta farcita assai simili a quelle odierne ed anche realizzate con inusitata modernità : si potrebbe dire che erano -quasi- come le facciamo noi oggi.
Cristoforo Messisburgo, il famoso cuoco della Corte Estense, ci ha tramandato tantissime ricette legate ai banchetti che, per dovere (politico) o per diletto, si tenevano a Ferrara: fra queste figurano pure numerosi impasti, da lui cucinati per gli ospiti.
La pasta ripiena è sempre stata concepita come un involtino, fatto da un involucro di sfoglia contenente una farcitura: questa ne  costituisce il cuore apportatore di sapore, il quale, poi, conferisce il suo particolare gusto a tutto il piatto.
Per quanto riguarda la sfoglia, cioè il contenitore del ripieno, si può dire che  abbiamo una completa uniformità regionale riguardo la sua composizione ed il modo di prepararla; la vera differenza sta appunto nella parzializzazione della stessa, cioè nelle dimensioni del
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La torre di Galliera. Franco Ardizzoni

Nella sua politica di espansione verso il contado il comune di Bologna, alla fine del XII secolo (sembra nel 1194), costruì il castello e la torre di Galliera in una posizione che, in quel momento, rappresentava il punto più avanzato dei suoi confini verso il territorio ferrarese degli Estensi, con i quali erano frequenti i contrasti. Da quel momento, e per tutto il XIII secolo, Galliera divenne un luogo molto importante per il comune di Bologna. La strada che partendo dal centro della città si dirigeva verso nord prese il nome di strada di Galliera e veniva regolarmente inghiaiata, anche la porta da cui usciva detta strada si chiamò porta Galliera. La località divenne sede di Podesteria e la sua giurisdizione si estendeva sopra 26 comunità.  Il castello e la torre di Galliera furono il primo punto di un sistema difensivo dei Bolognesi verso il territorio ferrarese. Infatti, successivamente fu costruita la torre del Cocenno, poche miglia a nord di Galliera, nel punto di confluenza del canale Cocenno (proveniente dal Centese) con il canale Riolo che, passando accanto alla torre di Galliera, collegava la città di Bologna con il Ferrarese unendosi al “canale Palustre”, che nasceva dal Po in località Porotto. Nel 1242 fu costruita, sempre ad opera del comune di Bologna, la torre dell’Uccellino (nella terra di Lusolino) a 5 miglia da Ferrara e 25 da Bologna, sempre sulla riva di un corso d’acqua, e nel 1305 fu edificata la torre Verga (non più esistente) in un luogo che oggi si trova al bivio delle strade che conducono a Mirabello, Poggio Renatico e Madonna Boschi, ma che in quel periodo era territorio del comune di Galliera.Nel 1250 l’organo legislativo del comune di Bologna deliberò che fosse posta una campana sulla torre dell’Uccellino, una  sulla torre del Cocenno ed un’altra sul lato settentrionale della torre di Galliera, “e ciò affinchè i comuni delle terre interessate possano e debbano, quando venga segnalato un pericolo, correre ad appostarvisi, e i nemici del comune di Bologna non si arrischino di entrare nel nostro territorio”.

Il sistema difensivo bolognese, ben descritto dallo storico Amedeo Benati (Strenna Storica 1989) fu completato con la costruzione, nel 1301, della torre dei Cavalli, nella zona di Molinella.

Tutti questi fortilizi erano custoditi da un capitano coadiuvato da un certo numero di uomini armati.

Nel 1336 il comune di Bologna distrusse il castello di Galliera perché vi si erano rifugiati dei fuorusciti di parte ghibellina. I soldati di Vinciguerra di Ansaldino Bugatti, dopo aver messo a ferro e fuoco il circondario, espugnarono il castello e lo spianarono fino alle fondamenta ed avendo catturato alcuni ribelli li “impiccarono per la gola agli arbori”. La torre, con i suoi robustissimi muri di oltre 2 metri di spessore, venne risparmiata ed è l’unico avanzo di quel glorioso periodo.

La torre è alta circa metri 21,75 ed ha una base di metri 9,40 x 7,70. Ha tutte le caratteristiche delle torri bolognesi ed assomiglia particolarmente alla Garisenda ed alla torre Galluzzi.

La sua porta aerea si trova a circa mt. 1,75 dal suolo, ma in origine doveva essere a circa mt. 6, come quella della Garisenda. Infatti le ripetute alluvioni delle acque torbide del Reno, trattenute dall’argine denominato Coronella, hanno innalzato nei secoli il livello del suolo circostante per cui 4-5 metri del corpo della torre sono interrati.

Nella parte alta della parete sud vi è una nicchia che un tempo conteneva lo stemma in macigno del comune di Galliera. Tale stemma Leggi Tutto

“Dialetto e cultura contadina”. Corso di aggiornamento al Museo della Civiltà contadina.

Dal 6 ottobre al 24 novembre 2005, tutti i giovedì alle 15, presso Villa Smeraldi a S. Marino di Bentivoglio, con il patrocinio di Provincia di Bologna /Assessorato alla cultura Regione Emilia Romagna/Istituto per i beni culturalil’ ISTITUZIONE VILLA SMERALDI – MUSEO DELLA CIVILTA’ CONTADINA con la consulenza del DIPARTIMENTO DI ITALIANISTICA DELL’UNIVERSITA’ DI BOLOGNA

e la collaborazione del “GRUPPO DI STUDI DELLA PIANURA DEL RENO
  ha  organizzato un Corso di aggiornamento per insegnanti e altri interessati sul tema
“DIALETTO E CULTURA CONTADINA”
Finalità : il corso, riconosciuto dal Centro Servizi Amministrativi di Bologna/ Ministero dell’Istruzione, si propone di fornire a un gruppo di insegnanti le conoscenze linguistiche ed etnostoriche idonee alla conduzione in ambito scolastico di esperienze di uso didattico del dialetto e a un approccio alla conoscenza di uno dei nuclei della cultura popolare del passato, la cultura contadina.
 – Destinatari: insegnanti delle scuole elementari e medie, inferiori e superiori, della provincia di Bologna, ma anche altri interessati.

– Periodo e sede: ottobre-novembre 2005; Villa Smeraldi, Via Sammarina, 35, S. Marino di Bentivoglio (Bo)

– Durata: 24 ore, suddivise in 8 incontri – uno alla settimana – della durata di tre ore ciascuno. In ogni incontro, sono previste due lezioni della durata di 1.30 ciascuna.

Partecipazione: gratuita e aperta sino alla concorrenza di circa 30 domande di iscrizione da effettuarsi via fax presso la Segreteria del museo – 051 89 83 77 – entro venerdì 16 settembre 2005

Calendario-programma del corso di aggiornamento Dialetto e cultura contadina

  •  – giovedì 6 ottobre ore 15.00
    Werther Romani (Dipartimento di Italianistica Bologna),
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C’era una volta…” La navigazione sul Reno”. Franco Ardizzoni

La navigazione sul Reno nel Medioevo.
Saggio di Franco Ardizzoni in “al sÃs” , rivista periodica edita dal Gruppo di Studi “10 righe” e dal Comune di Sasso Marconi. n. 10 /2004
Dove e quando
Un diploma di Berengario I
re d’Italia, databile fra l’anno 898 ed il 905 (IX-X secolo)
concede al vescovo ed alla Chiesa di Bologna il porto delle navi sul
Reno presso il mercato della Selva Piscariola (1)
Dove si trovasse esattamente questo porto sul Reno – scrive Ivan Pini-  e il
mercato della selva Piscariola, non è possibile stabilirlo con
esattezza così come non è neppure da escludere a priori
che il porto ed il mercato fossero localizzati in sedi diverse.
Comunque si può fare solo l’ipotesi che il porto in
questione (ed eventualmente il mercato) si trovassero al
limite della navigabilità  del fiume Reno
, cioè poco
a nord del ponte della via Emilia (2)
Ma questo approdo di
navi, dice Alfeo Giacomelli, più che l’indice di
navigabilità  del
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Luigi Arbizzani, protagonista, studioso e divulgatore della storia della Resistenza.

Dal 2005 la biblioteca di S. Giorgio di Piano è intitolata a Luigi Arbizzani, poichè il Comune ha voluto onorare la memoria di un concittadino che ha dedicato buona parte della sua vita alla ricerca storica e alla diffusione della conoscenza del frutto delle sue ricerche, rivolte soprattutto al delicato e importante periodo della Resistenza , accompagnate sempre anche dal suo impegno politico.
La sua biografia è¨ valorizzata soprattutto dalla sua bibliografia, che conta decine di pubblicazioni (v.  in fondo all’articolo).
Dal ritratto che ne ha tracciato Gian Maria Anselmi, Direttore dell’Istituto Gramsci dell’Emilia-Romagna apprendiamo che Luigi Arbizzani è nato a S. Giorgio di Piano l’11 marzo 1924,  ha frequentato l’Istituto industriale,  iniziando poi la professione di disegnatore tecnico. Dal 10 maggio
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Raffaele Pettazzoni, storico delle religioni

A lui è intitolata la biblioteca comunale  di S. Matteo della Decima, frazione, ovvero l’altra metà , del Comune di S. Giovanni in Persiceto. Ma fuori dai confini comunali pochi sanno chi era e cosa ha fatto per meritare  questa intitolazione. Lo storico Mario Gandini, persicetano, da anni sta lavorando e raccogliendo documenti per preparare la sua biografia, che non potrà che essere monumentale e fondamentale, a giudicare dai numerosi contributi già pubblicati su “Strada Maestra”,  rivista della biblioteca comunale del capoluogo (intitolata a Giulio Cesare Croce, altro persicetano famoso).
Ma Raffaele Pettazzoni occupa  da tempo un posto di grande rilievo , sia in campo nazionale che internazionale, tra chi si interessa  di antropologia e storia delle religioni.
In questa modesta mini-biografia non potremo che tracciare alcuni cenni  per cominciare intanto a  far conoscere  le note essenziali di questo personaggio di cui l’anno prossimo cadrà il cinquantesimo anniversario della morte. Raffaele Pettazzoni è nato a S. Giovanni in Persiceto nel 1883 ed è morto a Roma nel 1959.
Laureato in lettere nell’Università Leggi Tutto

L’Italia dei dialetti: da studiare, ma non per dividersi. Magda Barbieri. 2009

Non so se convenga a qualcuno riportare l ‘Italia allo stato in cui si trovava nel basso medioevo o, più o meno nel 1200 (cartina a lato), con marchesati, ducati, contee, principati vescovili, qualche repubblica marinara, o, comunque città -stato più o meno estese, l’una contro l’altra armate, talvolta alleate contro, o pro, l’Imperatore germanico, o contro, o pro, il Papa di Roma. A sentire certe proposte che rimbalzano sulla stampa in questi giorni, per imporre esami di dialetto ai professori, bandiere e inni regionali da fissare nella Costituzione, bandiere padane e confusi federalismi, sembra proprio che si voglia rimettere all’Italia il folkloristico e infausto vestito di Arlecchino (dismesso nel 1860 con l’Unità ) e riportarla indietro nella storia, senza peraltro conoscere la storia, sia politica che linguistica del nostro Paese. Certamente conoscere la storia è un impegno gravoso, che richiede uno studio approfondito al quale i politici (e molti dei loro elettori) forse fanno troppa fatica a sottoporsi. Ma una infarinatura almeno potrebbero darsela.
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Bisana, il mistero di un antico toponimo

Bisana
toponimo antico di un’area della bassa pianura presso il Reno, di cui
tanti vorrebbero conoscere l’origine e il significato. Ma una
risposta certa finora non è mai stata trovata. Ragion per cui si
possono solo fare ipotesi, partendo però da alcuni riferimenti
storici documentati.
Cominciamo da
Castello d’Argile,
nel cui territorio si trovano i riferimenti storici più antichi e
dove il toponimo  è tuttora presente nella denominazione di una
strada: v
ia Bisana Inferiore.
Attualmente porta questa denominazione
solo un tratto di strada nella parte ovest del territorio, che parte
dal bivio in fondo a via Croce, nel punto in cui termina la via
Minganti; prosegue verso nord e poi svolta verso ovest fino a
raggiungere il Reno. Il tratto di strada, che continua in direzione
nord, porta le denominazioni di Martinetti e poi di Rottazzi.
In
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