La strada Porrettana. Da Malalbergo a Ferrara. Appunti di viaggio. Franco Ardizzoni

 

Riprendiamo il nostro cammino sulla Porrettana: strada che i miei nonni chiamavano “Strada Alta” per il fatto che in alcuni tratti del suo percorso è sopraelevata di due-tre metri rispetto la campagna circostante. Mi ricordo che dalle finestre del primo piano della casa in cui sono nato e dove ho trascorso gli anni della mia infanzia (vicino a S. Prospero di Galliera), in certe limpide giornate invernali (gennaio-febbraio) si vedeva chiaramente la Strada Porrettana, proprio grazie alla sua posizione “alta”. Dicevano anche (i miei nonni) che era stata disegnata e costruita da un ubriaco, per le numerose curve che contiene.
Ricominciamo il percorso verso Ferrara da dove lo avevamo interrotto la scorsa volta: cioè da Malalbergo. Precisamente lo riprendiamo davanti all’attuale chiesa parrocchiale dedicata a sant’Antonio Abate (in foto sopra). Da un cartello turistico della Regione Emilia Romagna apprendiamo che l’attuale chiesa è stata costruita nel 1953 sullo stesso luogo della precedente, andata distrutta nel 1945 dai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale. La pala dell’altar maggiore, raffigurante la B.V. del Carmine, S. Antonio Abate e S. Francesco, è attribuita alla scuola dei Carracci. In un altare laterale
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Appunti dall’incontro tra Gruppi di studio di storia locale

E’ stato un incontro interessante e proficuo quello svoltosi il 10 maggio 2008 presso Villa Smeraldi  Museo della civiltà  contadina di S. Marino di Bentivoglio,  sotto il titolo “La cultura locale in una società  sempre più multietnica e globale. Esperienze a confronto”, con la partecipazione dei rappresentanti di una decina di Associazioni che si occupano di storia locale e tradizioni in vari comuni del bolognese e del ferrarese dell’area intorno al Reno. A organizzarlo è stato il nostro Gruppo di Studi della pianura del Reno, che, per bocca del suo presidente, Magda Barbieri, ha spiegato i motivi dell’iniziativa: innanzitutto la conoscenza reciproca e un primo scambio di informazioni sulle rispettive attività e situazioni in cui si trovano le singole associazioni o persone, che spesso operano e sono conosciute solo entro il ristretto ambito dei confini comunali, quando meriterebbero di essere conosciute anche oltre questi confini.
In secondo luogo, capire se ci possono
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Inno nazionale in perenne attesa: di Decreto o di sostituzione ?

Mentre   il Paese è in attesa della elezione di un nuovo Presidente della Repubblica, a conclusione di febbrili trattative, riproponiamo un nostro vecchio articolo del 2009 per ricordare che ci sono voluti 71 anni per  avere nel 2017,  il riconoscimento  ufficiale   del testo di “Fratelli d’Italia”  come inno  Nazionale (ndr  di aggiornamento).
– In questa estate 2009 l‘inno nazionale è tornato alla ribalta, oggetto di critiche e di una ricorrente proposta di sostituzione  da parte dei dirigenti di una forza politica che non ama l’Italia unita. Tra le tante prese di posizione pro e contro, si segnala questo articolo per alcune informazioni storiche finora poco conosciute, e altre note tratte dal sito www.radiomarconi.it. Se anche l’inno in Italia  è  precario di Giorgio Frasca Polara (dal sito di Libertà e giustizia www.libertaegiustizia.it
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Toponimi e idronimi di Molinella. Uno studio di Tullio Calori

Per la rassegna “Incontro con l’Autore” a Molinella
Lunedì 2 maggio 2011 alle ore 20,30,
in Biblioteca, il socio del gruppo di Studi pianura del Reno
Tullio Calori presenta il suo studio Molinella, fra idronimi e toponimi,
in un incontro ad ingresso libero.
Il volume approfondisce la precedente opera “Canali e mulini
nel territorio di Molinella (secoli XV-XIX)”, tratta dalla
pubblicazione “Mulini, canali e comunità della pianura
bolognese tra Medioevo e Ottocento”.
Riportiamo qui alcuni stralci dalla sua relazione presentata a suo tempo nel
convegno dedicato all’argomento.
Viene citata la bonificazione dei nostri territori acquitrinosi da parte
dei Vescovi ravennati prima del Mille con scavi di canali per il
transito di barche, la
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Il “Porto” di Malalbergo. Giulio Reggiani

Non si conosce con precisione l’anno
di costruzione della Chiusa di Casalecchio, forse
l’opera idraulica più¹ importante della città di Bologna in
epoca medioevale, ma la si può collocare con certezza verso la fine
del XII secolo (1); il progetto globale dei Ramisani, però,
presupponeva, oltre al percorso fluviale cittadino,
anche un successivo prolungamento verso nord, ma soltanto per un
tratto di pianura, pur se abbastanza consistente, cioè fino al
limitare delle persistenti zone vallive attigue al Reno (2).
Questa idea fu quindi conseguentemente attuata ed ampliata dal
Senato Bolognese negli anni successivi; infatti durante ben
due secoli, il Duecento ed il Trecento, i lavori di
allungamento del Canal Naviglio, tendenti ad una
cosiddetta “via d’acqua unica” verso Ferrara,
portarono ad una stabilità di comunicazioni mercantili fra le due
città: già nel 1271 era possibile la navigazione interna fra
Bologna e Venezia, come dimostra il passaggio in quell’anno delle
truppe
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La Pastolaccia e la Micca di Malalbergo. Dino Chiarini

“La Pastulaze e la Mèca ad Malalberg” (La Pastolaccia  e la Micca di Malalbergo)Storia e ricette
1) La Pastolaccia (Pastulez in dialetto locale) è una ciambella tipica malalberghese che utilizza gli stessi ingredienti del più noto biscotto “Savoiardo”: però gli è differente per la sagomatura, in quanto viene tagliata a fette trasversali, come il Cantuccio toscano o come il Biscotto del Re altedese. In verità la Pastulaza, rispetto a quest’ultimi due dolcetti, è priva di mandorle e di burro, componenti indispensabili sia per il Cantuccio, sia per il Biscotto del Re. Secondo i racconti a noi tramandati oralmente dalle anziane signore malalberghesi (che a loro volta le avevano appresero dalle loro nonne) questo composto, fatto solo con farina, zucchero, uova e un po’ di lievito, risale alla seconda metà  dell’Ottocento. Pare che l’idea fosse venuta ad un fornaio malalberghese che l’attuò dopo aver esaminato varie ricette suggeritegli dai viaggiatori (provenienti da diverse provincie italiane ed anche da svariati paesi europei), che qui transitavano per raggiungere le città  di Bologna, Ferrara e Venezia. Essi spesso si
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Incolato e Partecipanze Agrarie. Brevi note. Magda Barbieri.

In risposta ad una richiesta , pervenuta al nostro sito da parte di un lettore di Monaco che conosce l’italiano ed è interessato all’economia del centopievese crediamo sia utile spiegare  che “incolato” è vocabolo di antica origine e si riferisce all’obbligo di residenza per aver diritto alla divisione periodica dei “capi” (o parti di terreno) delle Partecipanze agrarie emiliane.
Ovviamente, per capire bene il significato di questo termine nel suo contesto, occorrerebbe conoscere, almeno per sommi capi, origine e organizzazione delle Partecipanze, ma è difficile  spiegarlo  in un testo di poche righe.

C’è una ricca bibliografia in materia , ma si tratta di pubblicazioni di storia locale che probabilmente non si trovano nelle biblioteche e nelle librerie all’estero; e anche in Italia, al di fuori dell’Emilia. Sommariamente, posso ricordare che le Partecipanze Agrarie tuttora presenti e attive in Emilia-Romagna sono 6 e si trovano nei Comuni di : Pieve di Cento (Bo), S. Giovanni in Persiceto-Decima (Bo),  S. Agata Bolognese (Bo), Medicina-Villa Fontana (Bo), Cento (Fe), Nonantola (Mo). Era importante e  attiva anche quella di Budrio (Bo), soppressa nel 1930 . Tutte hanno lontanissime origini che risalgono al Medioevo, tra XI e  XII secolo nella prima formulazione, e , sia pur con regole e storie parzialmente diverse, si può dire che derivano tutte da concessioni , fatte da Abati o Vescovi con poteri feudali, alle popolazioni locali, di vaste aree di terreni paludosi o boschivi da bonificare e coltivare; aree assegnate in proprietà  comune e in perpetuo ai capifamiglia del luogo e ai loro discendenti maschi, da suddividere e scambiare periodicamente tra essi, con il divieto assoluto di alienazione o di trasformazione in proprietà  privata dei singoli Partecipanti. Ogni Partecipanza è regolata da antichi e complessi Statuti, che sono stati nel corso dei secoli solo in parte modificati e aggiornati, ma che conservano alcune regole basilari immutate nel tempo. Una di queste regole è appunto quella dell“incolato”, che sancisce  l’obbligo di residenza ininterrotta e continuativa del Partecipante  nel territorio di competenza della sua  Partecipanza,  per almeno 2 anni prima dell’inizio delle operazioni di divisione dei terreni e di assegnazione dei “capi”. Assegnazione che viene fatta  ogni 20 anni per alcune Partecipanze, o ogni 9  per altre.

Va ricordato anche che il diritto all’appartenza ad un Partecipanza è riservato solo agli uomini che portano determinati cognomi e sono sicuramente discendenti da quel primo nucleo di famiglie che beneficiarono della prima concessione. Ed è proprio grazie a questa regola che certi cognomi sono diffusissimi in questi comuni (basta consultare l’elenco telefonico…) e pochi dei cognomi originari sono estinti.
Questa singolare istituzione di proprietà fondiaria comunitaria, pur essendo circoscritta  in alcune aree e con “capi” di modesta estensione, ha avuto ed ha tuttora un ruolo rilevante per l’economia agricola e per il contesto sociale delle località   in cui si trovano le Partecipanze. Ed è anche molto sentito e coltivato l’interesse per Leggi Tutto

“Il dialetto e la scuola”. Cronaca del convegno a Villa Smeraldi

E’ stata una giornata intensa e ricca di interventi e contributi, sicuramente molto significativi e indicativi di punti di vista diversi e di una varietà  di iniziative espresse dal territorio bolognese, sul tema del rapporto tra dialetto e scuola, davanti ad un pubblico numeroso e attento, presente dal mattino alla sera. Parliamo del Convegno intitolato Al dialatt e la scola. Per un uso didattico del dialetto nelle scuole bolognesi”, svoltosi il 27 novembre scorso

a Villa Smeraldi , S. Marino di Bentivoglio, per iniziativa dell’Istituzione-Museo della Civiltà contadina, dell’Assessorato alla cultura della Provincia di Bologna, dell’Istituto per i Beni Culturali della regione Emilia-Romagna, con la consulenza del Dipartimento di Italianistica dell’Università di Bologna, con il patrocinio del Centro Servizi Amministrativi di Bologna del Ministero dell’Istruzione, e , infine,  con la collaborazione del nostro Gruppo di Studi della Pianura del Reno.

Tanti enti e istituzioni, dunque, mobilitati per valutare le possibilità di recuperare e ridare vitalità e  senso ad una lingua popolare antica, da molti ormai ritenuta ” morta”, ma che conserva ancora molte potenzialità come strumento didattico in campo linguistico e storico, e come mezzo espressivo di una cultura materiale ricca  anche di valori spirituali.

Le valutazioni dei relatori sono state tutte sostanzialmente Leggi Tutto

“Guerre inutili”. Relazione di Paolo Antolini nel Giorno della Memoria a Baricella

Relazione dello studioso locale Paolo Antolini, in occasione della commemorazione della “Shoah, nella Giornata della Memoria celebrata a Baricella per iniziativa del Comune  “27 gennaio1945-27 gennaio 2006.
 La guerra e la sua inutilità 
“.
Qual è stato nel corso dei secoli il fine delle guerre? Si faceva la guerra per sconfiggere l’avversario in modo da trarre un beneficio dalla sua perdita, si cercava di realizzare queste intenzioni cogliendolo di sorpresa, si faceva il possibile perché l’avversario, al contrario, non realizzasse le proprie intenzioni, si accettava anche un prezzo da pagare in vite umane per infliggere al nemico un danno maggiore di quello che si subiva.

A tali fini si dovevano  poter mettere in campo tutte le forze di cui si poteva disporre.  La guerra si combatteva tra due schieramenti definiti, mentre gli altri stati dichiaravano la loro neutralità ; tuttavia il fatto che dalla guerra altrui non traessero danno, ma semmai profitto, era condizione necessaria per la libertà di manovra dei belligeranti. Era cioè una falsa neutralità , questi stati pur non partecipando alla guerra erano pienamente coinvolti, lasciavano fare per mero profitto economico. La morte Leggi Tutto

Francesco Zanardi “il sindaco del pane”

Francesco Zanardi (Poggio Rusco, 6 gennaio 1873 – Bologna, 18 ottobre 1954) (*)
Dopo gli studi a Poggio Rusco e a Mantova, s’iscrisse all’Università di Bologna dove si laureò
in Chimica e Farmacia. Dirigente del Partito socialista italiano nel mantovano, sulla linea del socialismo umanitario di Camillo Prampolini Prampolini e  Filippo Turati,  si applicò intensamente nell’attività di amministratore.
Fu sindaco di Poggio Rusco (MN) e contemporaneamente consigliere comunale a Bologna nel 1902. A Bologna, nel 1904, fu assessore all’igiene della giunta comunale guidata dal sindaco Enrico Golinelli. Fu anche vice presidente dell’amministrazione provinciale di Mantova tra il 1904 e il 1906. La sua attività d’amministratore
pubblico giunse all’apice il 28 giugno 1914 quando si svolsero a Bologna le elezioni amministrative che per la prima volta portarono la sinistra al governo della città .
Per adempiere al motto elettorale “Pane e alfabeto” Francesco Zanardi fu sindaco designato dalla
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