Dalla toponomastica popolare alla toponomastica “ufficiale”. Magda Barbieri

Nei secoli passati  solo le antiche grandi strade consolari romane avevano una denominazione  che derivava , appunto, dal nome del console  che le aveva fatte costruire : via Emilia, Aurelia, Cassia, Appia, ecc…; ma nelle campagne, e anche nelle città  , non esistevano denominazioni ufficiali per le  strade, nè  i numeri civici per le case, nè  indirizzi precisi come li abbiamo noi oggi. Nei documenti pubblici o atti notarili dove fosse necessario indicare una abitazione o un podere oggetto di compravendita, si usava scrivere il nome del proprietario   dell’edificio o del terreno venduto e i nomi dei proprietari dei terreni confinanti, “a levante“, “a ponente” , “a mezzogiorno” e “a tramontana“; se c’era, si citava la presenza di un fossato, o di un fiume confinante, o di uno ”  stradello pubblico” o di una “via che va a…”, seguita dal nome della località   verso cui la strada era diretta.

Per orientarsi e distinguere i luoghi e  le strade rurali e urbane,  nel parlare quotidiano, gli abitanti  si abituarono ad inventare  e usare denominazioni spontanee o popolari che, se  ben motivate e facilmente riconoscibili  e memorizzabili, diventavano di uso corrente nel tempo e per secoli.

 Nelle città  la denominazione poteva derivare dalla presenza prevalente di botteghe o artigiani di una determinata categoria ( fabbri, orefici, lanaioli, pescherie…), o anche dalle più  svariate e fantasiose motivazioni , che tramandavano la memoria di un episodio importante o curioso, la presenza di un edificio o di un’insegna  particolare.

  Nelle zone rurali le denominazioni popolari traevano origine spesso da caratteristiche naturali o ambientali, come la presenza di un grande albero o di più  alberi della stessa specie lungo il percorso (pioppi e roveri in particolare), di un bosco, di paludi o “lame” d’acqua; a volte poteva essere la denominazione di un oratorio all’inizio della via; altre volte, anzi spesso , era il cognome della famiglia dei possidenti dei terreni adiacenti e dell’immancabile palazzotto o villa signorile, presenti per secoli, che dava identità  e denominazione ad una via o a un borgo.

Capitava spesso anche che tali denominazioni popolari, nel corso del tempo, venissero storpiate o alterate per errata trasmissione orale consolidata successivamente, Leggi Tutto

I Caduti di Baricella nella “Grande Guerra” 1915-1918. Paolo Antolini

Seconda Parte della  ricerca storica  dello studioso locale Paolo Antolini, condotta su documenti d’archivio, in Baricella e a Bologna, integrata da numerose fotografie di persone e luoghi di guerra.

Trattandosi di opera complessa con parti fotografiche non trasferibili sul sito, abbiamo inserito qui  i capitoli, con tutte le  informazioni  e dati sui prigionieri di guerra e su tutti  gli uomuni   di Baricella richiamati , distinti per classi di leva e con indicazioni sulla loro destinazione e sorte.

Per leggere i testi, clic su Allegati-

*NB. Allegati ora non più leggibili per impedimenti tecnici. Contattare l’autore

Scelte importanti per il reddito in agricoltura. Vincenzo Tugnoli

La necessità di salvare l’agricoltura in generale e in particolare una coltura così importante come la barbabietola da zucchero, impone un miglioramento delle attuali rese; l’obiettivo minimo è rappresentato dalle 10 t/ha di saccarosio. Quali colture inserire nella rotazione assume rilevante importanza. Gli effetti dell’avvicendamento si ripercuotono su sanità , fertilità e lavorazioni. La coltura in precessione prediletta in bieticoltura è il cereale.
Le produzioni italiane sono nettamente inferiori a quelle degli altri Paesi della UE.
L’Italia si posiziona agli ultimi posti, con differenze del 20% in tutti i parametri (peso, polarizzazione e zucchero): le zone a minor produzione di saccarosio sono quelle del Centro (5,5 t/ha) in particolare nelle Marche, e al Sud (6 t/ha) con specifico riferimento a aree bieticole della Campania e del Molise, mentre al Nord si riscontrano valori più elevati (7 tonnellate) ma pur sempre lontani dai risultati conseguiti negli altri Paesi Nord-europei (10-11 e anche oltre t/ha).

Non è quindi consigliabile ridurre l’attenzione in particolare nelle tecniche colturali, per non perdere in produttività ed arretrare ancor più.

Fino a pochi anni addietro, questo disavanzo produttivo veniva “ammorbidito” da aiuti integrati nel prezzo di vendita delle barbabietole, autorizzati dalla CEE Leggi Tutto

Ezio Villani. Da Galliera alla Costituente. Biografia in un libro

Mancava ad oggi un lavoro complessivo volto a ricostruire sia il percorso formativo sia il contributo dato
da Ezio Villani (Galliera (BO), 1892 – Roma, 1955) alla politica italiana, nel periodo che va dal primo dopoguerra agli anni del Centrismo. Personaggio non di primo piano, se paragonato ai grandi attori della storia nazionale del Novecento, il socialista Villani è però stato testimone, ed anche protagonista, di molte vicende nazionali del secolo appena trascorso. Giovane dirigente della Camera del Lavoro di Ferrara, convinto antifascista vessato dal regime di Mussolini, al termine della lotta di Liberazione combattuta nellaBrigata Matteotti partecipò ai lavori dell’Assemblea Costituente, prima nelle file del Partito socialista poi in quelle
del Partito socialista dei lavoratori italiani.  In quel consesso l’on. Villani si distinse per alcuni interventi in materia di rapporti economici e tutela del lavoro dai quali emerge chiaramente la volontà  del deputato socialista di dare compiuta realizzazione a quel precetto, contenuto nella Carta repubblicana, che affida ancora oggi allo Stato il compito di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la
libertà  e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

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Cosa sono i burattini? Un po’ di storia

Cosa sono i burattini tradizionali? Ce lo spiega il responsabile di una associazione di burattinai bolognesi. Pierluigi Foschi de “La Garisenda” (vedi scheda del gruppo in fondo all’articolo), che  a sua volta ha tratto le informazioni dal sito di Vittorio Zanella ( www.teatrinodelles.com,  ora non più attivo, ndr). Sono burattini a guanto mossi dal basso verso l’alto. La mano del burattinaio entra in un buratto di stoffa sotto il vestito, il quale è composto in questa maniera: si hanno due strati di stoffe. Il primo, quello interno, è il buratto di stoffa rigida (canapa) con le cuciture verso l’esterno. E’ un guanto che si fa sulla misura della mano del burattinaio. A questo  guanto detto buratto, si inchioda la testa di legno e le mani di legno. In fondo, dove si infila la mano, nella parte dietro rispetto alla faccia del burattino, si cuce un gancio o un anello per appenderlo a testa in giù all’asse dei burattini, la quale si trova all’interno della baracca, all’altezza della cintura del burattinaio, sotto la ribalta (proscenio della baracca).
Si infilano l’indice nella testa, il pollice in un braccio e le altre
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Gli scavi in Sala Borsa. Visite e cenni di storia

Dal 15 gennaio 2011, gli scavi archeologici sotto la Piazza coperta di Sala Borsa saranno aperti al pubblico dalle 15.30 alle 18.30, nei giorni d’apertura della biblioteca. Sarà  così possibile vedere da vicino i resti della basilica civile di Bononia (II sec. a.C.), le fondamenta delle case medievali dell’area di palazzo d’Accursio e le vestigia cinquecentesche dell‘Orto Botanico del naturalista Ulisse Aldrovandi.  E’ˆ richiesta un’offerta libera per il sostegno delle spese. In occasione della prima giornata d’apertura, un bibliotecario ha accompagnato i visitatori per una breve introduzione e descrizione in Piazza Coperta.
Le visite guidate saranno in seguito ripetute secondo un calendario da definire.
Vedere  foto in  galleria di immagini dal sito sotto indicato, fonte delle informazioni
Cenni storici sugli scavi archeologici di Salaborsa da
www.bibliotecasalaborsa.it/documenti/8016

La Biblioteca Sala borsa, inaugurata nel dicembre 2001, apre uno spazio culturale e multimediale ricco e
affascinante all’interno di Palazzo d’Accursio, il “quasi castello”, antica sede storica del Comune che si affaccia su
Piazza Maggiore, da sempre centro e cuore della bolognesità.

Sotto il cristallo della Piazza coperta si possono ammirare gli antichi scavi e la sedimentazione
delle
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Il Quintario romano, questo sconosciuto. C’era una volta. Giuseppe Sgubbi

QUINTARI, LORO FUNZIONE E COME
RINTRACCIARLI

Non molto tempo fa, con tre articoletti,
“Quintario una importantissima strada della centuriazione roman”,
“Leggendo il catasto Faventino”, e ” I confini in epoca romana”, ho
sollevato il problema QUINTARIO. Non ho fatto altro
che far conoscere agli studiosi ciò che avevo appreso sul
quintario, al seguito di trentennali ricerche effettuate
sulla centuriazione ove io abito, Solarolo provincia Ravenna. Naturalmente ho precisato che per poter
fare delle affermazioni di un certo spessore, occorreva estendere
l’indagine anche verso altre zone del mondo romano. Essendo
stato invitato a tenere conferenze in zone extra romagnole, ed
avendo potuto effettuare utilissimi confronti con altre zone
centuriate, ho la possibilità di fare alcune utili precisazioni
e di aggiungere qualcosa a quello già detto nei sopra citati
articoli. Pertanto, ciò che riporterò in questo articolo,
sono i risultati delle mie ricerche, fino ad ora conseguiti,
perciò risultati ancora provvisori , in quanto, a mio modesto
parere, il “problema quintario” , è ancora
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Il “mistero” di Afro Basaldella… e del suo ” Malalbergo”. Giulio Reggiani

Capisco che molti lettori potrebbero restare un po’ interdetti di fronte all’argomento storico che sto per affrontare qui, ma sono in grado di assicurare che la trattazione seguente ha notevole attinenza con questo nostro territorio comunale. Vorrei iniziare, però, dando alcune notizie biografiche su questo grandissimo esponente dell’astrattismo italiano.
Afro Libio Basaldella nacque ad Udine il 4 marzo 1912; compì i suoi primi studi a Firenze ed a Venezia, dove si diplomò al liceo artistico di quella città  nel 1931. Successivamente si recò dal fratello Mirko a Roma, città in cui conobbe artisti di fama quali Scipione, Mafai e Cagli, e nello stesso anno a Milano, ove frequentò lo studio di Arturo Martini ed incontrò Birolli e Morlotti.
Nel 1933 si trasferì definitivamente a Roma, dove partecipò, assieme a Guttuso, Scialoja, Leoncillo, Fazzini ed altri, alla II Quadriennale Romana. Nel 1937 tenne la sua prima mostra personale e l’anno dopo fu chiamato alla Biennale di Venezia con due opere, Pastori ed Oreste. Nel 1939 tenne una personale a Genova, intitolata Disegni di Mirko e Pitture di Afro, ed una a Torino, mentre a Roma prese parte alla III Quadriennale. Durante il periodo bellico realizzò svariate opere d’influenza
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Il modello industriale bolognese, da conoscere sul Portale di “Storia e memoria”

Nel portale Storia e Memoria di Bologna è  disponibile l’approfondimento
1796| 1953 – Il modello industriale bolognese: una metamorfosi dalla tradizione agricola all’industria meccanica
*** Per proseguire attraverso testi, video, immagini e documenti rari , vedi
https://www.storiaememoriadibologna.it/il-modello-industriale-bolognese-una-metamorfosi-d-1312-evento
In particolare si segnalano i video dedicati ai seguenti temi:

Bologna nei primi anni di governo Napoleonico
-Ragioni delle insorgenze antinapoleoniche
-Bologna nella Restaurazione
-La stampa bolognese nell’età della Restaurazione
-Circoli e salotti femminili
-Bologna post unitaria
-Quadro socio politico della Bologna post unitaria nel periodo1859-1900.
-L’economia bolognese dall’unità alla grande crisi agraria – 1859 |
1880
-Il Piano regolatore
-Il panorama amministrativo bolognese
-La Città Rossa nella Grande Guerra
-Celebrazione del centenario della Cassa di Risparmio di Bologna
-I grandi affittuari terrieri e arretratezza dell’industria bolognese
– La società Operaia e il Mutualismo
-1914 – 1918 | I negozi di Zanardi
-L’entrata in Guerra e il forno del pane
La Scheda storica è articolata nei capitoli

Una è base agricola e artigianale
2.
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Lino e canapa in pianura.

Nella prima metà  del ‘300 nella valle Padana erano diffuse due coltivazioni erbacee: il lino e la canapa.
Il lino importato dall’Egitto e dall’Asia  Minore veniva coltivato nelle nostre zone temperate e umide per ricavarne la fibra tessile. Venivano utilizzati anche i semi per ricavarne farine ad uso terapeutico, come impiastri essudativi.

La canapa, anch’essa importata dall’Asia centrale, veniva coltivata per ricavarne fibra, semi e oli utilizzati nella preparazione di saponi e vernici

Il lino, pianta molto antica, è coltura e fibra più ricca, meno popolare, legata a costumi, consuetudini delle genti ricche che facevano lavorare la tela di lino per gli oggetti del corredo.
Il filo di canapa a differenza da quello di lino è ruvido, irregolare, secco arduo da addomesticare. Ma le filatrici e le tessitrici di una volta, prendendo fuori dai cassetti manufatti in canapa orgogliosamente, ci dicono[1]:

Questa è stata seminata, poi cresciuta, lavata, mondata, tirata. Veniva fatta la tela. Questa è quella che ho fatto io per mia figlia, morbida.Mia nuora con quattro di queste pezze di tela ha fatto il pizzo e le ha unite e ha fatto una tovaglia quadrata. Qui c’è un asciugamani. Per fare questa qui ci si metteva la stecca per potere passare il filo. Con il cotone, che è tutto uguale, non c’era bisogno di imbusnerl. Con la canapa era diverso, bisognava per farla metterci qui una stecca perchè stesse tirata.

(cosa vuol Leggi Tutto