Terremoti a Cento, dal 1280 ad oggi. Ricerca di Giuseppe Sitta

TERREMOTI A CENTO dal 1280 al 1937
– Mentre sono ancora in corso i lavori per la ricostruzione o restauro di tanti edifici pubblici e privati colpiti dai terremoti del 20 e del 29 maggio 2012,
che hanno sconvolto Cento e una vasta area
modenese-ferrarese-bolognese circostante, riteniamo di utile informazione pubblicare questa ricerca storica del prof. Giuseppe Sitta di Cento
Libera riduzione dalle cronache del conte Bartolomeo Filippo Chiarelli,
Antonio Orsini, Leonida Pirani e Didaco Tangerini.

1280Si eclissò il sole e dopo fecesi sentire un gagliardo terremoto, che spaventò
il popolo, per due ore restò eclissato il sole, videsi la luna di color nero e piovè¨ per due mesi consecutivi, fu un freddo eccessivo,la brina seccò le viti da cui ne derivò penuria di vino.
1364 Fecesi sentire un gran scuotimento della terra e si rese così strepitoso che pareva crollassero gli edifici. A scossa sì orribile si spaventarono i Centesi, tutti gridavano, piangevano, esclamavano Pietà , pietà , Signore, correvano qua e là , che sembravano forsennati. Cessò lo scotimento e nulla altro di male arrecò che
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Dialetto ed educazione linguistica tra passato e presente di un rapporto difficile. Werther Romani

Traccia della relazione di Werther Romani Università di Bologna Convegno al dialàtt e la scola“,  27 /11/ 2004 

Villa Smeraldi S. Marino di Bentivoglio

  N B Si precisa che il seguente testo è una semplice “traccia”, che riassume per sommi capi l’ intervento che il prof. Romani, docente dell’Università di Bologna, Dipartimento di Italianistica, ha svolto in modo più argomentato e completo al Convegno. Questo è  testo distribuito ai presenti.

SCUOLA E DIALETTO: STORIA DI UN RAPPORTO DIFFICILE

1) La situazione pre-unitaria

I dialetti sono usati normalmente -sia dagli analfabeti, sia dalle persone colte- nella comunicazione orale (ma c’è anche una, sia pur limitata, letteratura dialettale). L’italiano (sostanzialmente quello dei “classici” codificati dalla “Crusca”) è usato nella scrittura (ma, in certe situazioni, e da una ristrettissima minoranza, anche oralmente).
Nelle scuole ( tenute quasi sempre da religiosi) – ma i primi rudimenti tecnici della lettura e della scrittura vengono dati privatamente in casa o dal parroco- si insegna soprattutto il latino; poco l’italiano , meno che mai il dialetto, che per quasi tutti era la lingua materna. Quindi, in sostanza, il problema di un rapporto conflittuale scuola-dialetto non si poneva.

2) L’ Unità d’ Italia e la questione della lingua.

La spinta risorgimentale verso l’unificazione pèolitica condizione Leggi Tutto

Un ricordo di Luigi Arbizzani . Angela Bonora

Negli anni ’90 venni ad abitare a San Giorgio di Piano e mi incuriosì il paese, la sua gente, il suo essere. Domandai in Biblioteca comunale un libro sulla storia del paese e mi fu dato il volume “Uomini, lotte e altre cose. Immagini e documenti per una storia di San Giorgio di Piano” di Luigi Arbizzani …  Mi lessi tutto lo scritto, ammirai le immagini,  mi ritrovai portata per mano dall’Autore dentro un mondo e ai suoi prima, gli anti, i diversi ricercati da un giovane che era stato stimolato alla ricerca dalla storia perduta dall’esigenza di partecipare, dall’esigenza di entrare nei momenti storici del paese, per viverlo intenderlo tangibilmente come problema reale, umano.

Non era la prima volta che mi imbattevo nell’Autore, altri volumi avevo avuto la possibilità di leggere nel cercare di capire i fatti storici che andavano dall’inizio del secolo agli anni ’90 e gli uomini che ne avevano fatto parte attiva.

Uomini, paese, …paesi,…problemi sociali politici, …lotte e sacrifici dei lavoratori. Tutto questo e tanto altro Arbizzani ha dato e continua dare ai suoi lettori.

Lo conobbi personalmente una volta in Biblioteca Comunale a San Giorgio, era il Direttore responsabile del Sangiorgese, il giornale locale. Gli occhi fissi nei miei, gentile, curioso…mi sono ricordata quello che di lui mi aveva detto Luciano Bergonzini, mi sono ricordata della sua amicizia fraterna con Mario Melloni (Fortebraccio), mi sono sentita piccola e doverosamente umile.

I rapporti con Lui sono continuati. Avevo un sogno che era stato sempre anche il suo, creare qualche cosa che aggregasse gli uomini, i paesi di questa vasta pianura lambita dal Reno.E’ stato il primo, malgrado i suoi numerosi impegni, a venire alle varie riunioni che hanno portato alla creazione, e alla vita poi, del Gruppo di Studi della Pianura del Reno. Suo è il nome dato alla rivista on line del Gruppo: “Reno, Campi, Uomini”, ed ancora ho visto brillare i suoi occhi soddisfatto che altre persone condividessero l’amore verso la gente, i luoghi, la storia passata e presente.

Credo che come Gruppo non possiamo Leggi Tutto

I boschi di pianura tra passato e futuro. Fabrizio Govoni

Fino
agli inizi del secolo scorso , il territorio compreso tra la Bassa
Pianura Modenese, Ferrarese e Bolognese
è sempre stato
caratterizzato da un paesaggio che vedeva l’alternarsi di ampie
paludi e di estese aree boschive.
Molti
documenti d’archivio testimoniano che nel medioevo erano presenti
nel Centopievese
numerosi boschi: il
Bosco di Ramedello ( 1263 )
situato tra Corporeno e Dosso, il Bosco di Boccacanale ( 1263 )
situato a nord di Penzale, il Bosco di Malaffitto ( 1279 ) dove si
trovano ora i terreni delle Partecipanze di Cento e di Pieve, il
Bosco di Casumaro
(1334 ) e il Bosco del Monte tra Sant’Agostino e
Buonacompra.

Si
trattava di vere e proprie selve costituite presumibilmente da querce
( farnie ), frassini, olmi, aceri, salici e carpini
, collegate tra
loro da piccoli corsi d’acqua sulle cui sponde dominavano ontani e
pioppi.
Luoghi, questi, dove cinghiali, daini , cervi e persino lupi
( 1387 ) non erano poi così tanto rari.


Di queste aree boschive ormai non è rimasto più nulla, se non alcuni relitti di formazione più recente: il Boschetto
della Bisana
nei Comuni di Pieve di Cento e di Galliera, il Bosco
della Panfilia
nel Comune di sant’Agostino e il Boscone della
Mesola
hanno resistito, nel tempo, alle attività dell’uomo , tanto da essere ora soggetti a particolari norme di tutela e di salvaguardia.

Capita
spesso di incontrarvi Guardie Forestali, Guardie Provinciali e
Guardie Ecologiche Volontarie
impegnate ad assolvere al ruolo che
anticamente era ricoperto dai silvani che, in maniera un po’
più specifica, avevano compiti di controllo sul legname,
quello vivo dei boschi e quello tagliato sulle aree pubbliche del
territorio.

A
questi relitti vegetali vengono ancor oggi
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Balene sull’Appennino bolognese e mammut nel ferrarese: fossili di casa nostra

Che nella nostra Regione , tra Reno e Po , dall’Appennino al mare Adriatico attuali , vi abbiano abitato
Etruschi, Celti e Romani è fatto assodato, documentato da migliaia di reperti, e noto a tutti, dagli studenti delle elementari  agli adulti pur modestamente informati di storia.
Ma forse ancora pochi sanno che in quest’area , molto tempo prima della comparsa dell’uomo, e anche dopo, nell’acqua del mare preesistente ci sguazzavano le balene e tante creature marine dall’aspetto e dai nomi esotici; e poi, sulla terraferma via via consolidatasi nel tempo, correvano mammuth e
rinoceronti lanosi, leoni delle caverne e bisonti delle steppe.
Non è¨ fantascienza , o pura teoria deduttiva, ma quanto risulta da recenti ritrovamenti di fossili e da studi supportati da analisi scientifiche, che hanno permesso di dare certezza a quelle che prima potevano essere solo supposizioni. Citiamo solo qualche esempio. Nel 1965 , sul versante sinistro della val di Zena, a Gorgognano , a pochi chilometri da Pianoro e ad est dell’antica via della Futa, sono stati ritrovati i resti di una balena fossile. Le operazioni di recupero e consolidamento dell’esemplare sono state effettuate dall’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università di Bologna. Nei sedimenti che inglobavano le ossa della balena sono stati raccolti al momento dello scavo anche diversi macrofossili, in particolare lamellibranchi, gasteropodi e scafopodi.

 

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Un messaggio d’amore alla mamma da un poeta ferrarese

Miè màdar
Una candela ad zzìra banadéta
brusà tuta par nu.
– Parché…
Parché aver préssia

ssé tant prèst l’è sìra,
par mi,
par ti,
par tuti?
Anche se è abbastanza facile da capire, per i non ferraresi traduciamo:
Mia madre
Una candela di cera benedetta
bruciata tutta per noi
Perchè
Perchè aver

fretta
se tanto presto
è sera
per me,
per te,
per tutti?

Si tratta di due brevi poesie di Alfonso Ferraguti, nato e vissuto a Marrara (FE), esperto in agraria, per laurea e professione, uscito allo scoperto come poeta in età matura, con la raccolta ’Na manèla

, nel 1960, Leggi Tutto

Dall’Anatolia all’Etruria, a Spina. Ipotesi di antichi percorsi. Giuseppe Sgubbi

– Nota introduttiva. Con questo articolo, cortesemente inviatoci  dall’autore Giuseppe Sgubbi, avviamo la pubblicazione di una serie di studi  di questo appassionato cultore della materia, dedicati all’area romagnola e ravennate in particolare, in omaggio anche alla relazione del nostro fiume Reno con l’area dove scorrono i suoi affluenti terminali –
Dall’Anatolia all’Etruria e da Spina a Pisa
Un gruppo di studiosi toscani guidati dal professore Gianfranco Bracci
hanno fatto le dovute ricerche nell’ intento di individuare il percorso di due antichissimi tragitti, uno marino (dall’Anatolia all’Etruria)
e l’altro terrestre ( da Spina a Pisa). Grazie ad un qualificato e giusto riscontro giornalistico, il frutto delle loro scoperte è stato fatto conoscere anche al grande pubblico. Vediamo questi tragitti.
Tragitto marino:
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Relativismo etico, tra fede e ragione

E’ comprensibile e legittimo che i capi di una religione esaltino i
benefici spirituali che possono derivare a quanti ne rispettino i
contenuti. Ma non è del tutto corretto, anzi si potrebbe rilevarne
gli estremi di una
pubblicità ingannevole,
sostenere che
solo la fede religiosa
è l’unico ed esclusivo mezzo per praticare il bene
e raggiungere la salvezza dell’uomo.

E’ vero Leggi Tutto

Storia della Casa del popolo di S. Giorgio di Piano. Anna Fini

** Ricerca di Anna
Fini
basata su studi
di Luigi Arbizzani
1,
su documenti dell’archivio storico del Comune di San Giorgio di
Piano e su testimonianze raccolte.
“Le sedi dei
partiti operai e bracciantili a S. Giorgio si costituirono alla fine
dell’ottocento e s’ identificarono, come in tanti altri paesi
della campagna, con le sedi delle Case del Popolo.
La
formazione di queste sedi stabili avviene in 2 momenti successivi.
In un primo
tempo2 il ritrovo
dei movimenti di operai, artigiani e contadini era nei posti più
popolari: le osterie.
Gli aderenti
ai movimenti (in modo particolare in Emilia Romagna) si ritrovavano
in questi luoghi tradizionali per trascorrere il tempo fuori dal
lavoro, per riposarsi, per riunirsi tra amici e per giocare;
facevano così crescere le loro organizzazioni, proteggendosi
nell’anonimato che gli esercizi pubblici potevano offrire.
Successivamente
e sino ai primi due decenni del novecento si diffusero le Case del
Popolo; qui le organizzazioni operaie e bracciantili elessero le sedi
dei circoli, delle leghe, delle cooperative di consumo e delle Camere
del Lavoro
.
“…Dopo
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