“La Pastulaze e la Mèca ad Malalberg” (La Pastolaccia e la Micca di Malalbergo) – Storia e ricette
1) La Pastolaccia (Pastulez in dialetto locale) è una ciambella tipica malalberghese che utilizza gli stessi ingredienti del più noto biscotto “Savoiardo”: però gli è differente per la sagomatura, in quanto viene tagliata a fette trasversali, come il Cantuccio toscano o come il Biscotto del Re altedese. In verità la Pastulaza, rispetto a quest’ultimi due dolcetti, è priva di mandorle e di burro, componenti indispensabili sia per il Cantuccio, sia per il Biscotto del Re. Secondo i racconti a noi tramandati oralmente dalle anziane signore malalberghesi (che a loro volta le avevano appresero dalle loro nonne) questo composto, fatto solo con farina, zucchero, uova e un po’ di lievito, risale alla seconda metà dell’Ottocento. Pare che l’idea fosse venuta ad un fornaio malalberghese che l’attuò dopo aver esaminato varie ricette suggeritegli dai viaggiatori (provenienti da diverse provincie italiane ed anche da svariati paesi europei), che qui transitavano per raggiungere le città di Bologna, Ferrara e Venezia. Essi spesso si rifocillavano nel suo laboratorio, in attesa che la diligenza cambiasse i cavalli nell’adiacente posta: quindi, fra una chiacchiera e l’altra, gli esponevano le prelibatezze delle loro regioni d’origine.
Il panettiere, da quell’impasto da lui stesso inventato, ottenne una deliziosa ciambella di un bel colore giallo; scoprì pure che, intingendola in un bicchiere di vino dolce, risultava ancor più gradevole al palato.
Non vi sono prove scritte che dimostrino la veridicità di questa leggenda paesana poichè la data di nascita della pastulaza rimane incerta; pero’ sicuramente nei primi anni del Novecento era già presente in paese: infatti, nel 1905 il forno della neonata Cooperativa Agricola di Consumo iniziò a produrre quotidianamente quella squisita brazadela (ciambella). Il prodotto così ottenuto comparve anche sulla tavola delle osterie locali, ottenendo un grande successo. L’Antica Trattoria della Luna (oggi Trattoria Nuova Maleto), l’Osteria del Ponte sul Reno (posta sull’argine destro del fiume e demolita negli anni Quaranta del secolo scorso) e la Trattoria dei Cacciatori (ora denominata Trattoria Rimondi dal cognome dei proprietari) fecero di questo dolce il loro cavallo di battaglia. Infatti, quella ciambella, che richiedeva sempre il “nettare di Bacco†per intingerla, faceva aumentare anche la vendita del vino.
La pastolaccia fu pure apprezzata dalle famiglie, tanto che anche l’altro forno presente in paese iniziò a produrre questo dolce tipico; le nostre bisnonne la chiamavano semplicemente ciambella magra tagliata a fettine, utilizzando la stessa ricetta inventata dal fornaio.
Le massaie malalberghesi, dopo aver assaggiato quel dolce così semplice da allestire, iniziarono a preparare il composto tra le mura domestiche; siccome molte case per cuocere avevano solo il camino, che non era adatto a questo tipo di cibi, portavano l’impasto presso il forno di fiducia; qui terminavano la lavorazione versando il preparato in una teglia capiente (preventivamente unta con appena un filo di olio e cosparsa con un po’ di farina o pane grattugiato per non far aderire il composto). Successivamente lo suddividevano in pani e consegnavano al fornaio il prodotto già pronto che egli sapientemente portava a cottura.
Fino ai primi anni Sessanta del secolo scorso, la pastulaze non mancava mai sulle tavole imbandite
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