Come finì quel summit tra “Signori” ad Altedo nel 1345?

Chi pagò il conto del convivio altedese?
-Testo di Dino Chiarini e Giulio Reggiani –
Il Trecento fu un secolo di grandi e piccoli conflitti; la decadenza dei Comuni e l’affermazione delle Signorie, fortemente volute dalle famiglie nobili che si erano imparentati tra di loro con matrimoni combinati (sia per motivi politici che per alleanze spesso contingenti, eppure mai per amore) favorì questo cambiamento epocale. Se lo stato feudale era frazionato e la sovranità dispersa in un incalcolabile numero di piccole Signorie locali, in Italia si rafforzarono le divisioni tra i vari Stati esistenti; i Comuni del centro nord si trasformarono in Signorie e più tardi in Stati regionali, attorno alle grandi città come Milano, Venezia e Firenze. Nel Centro-Italia, lo Stato della Chiesa aveva Roma come capitale e Bologna era la sua seconda città; al Sud si era costituito il Regno di Napoli, governato dai Francesi, e il Regno di Sicilia, posseduto dagli Spagnoli. Tutte queste Signorie avevano la smania di allargare i propri confini e cercavano alleati per fare nuove conquiste.
L’11 febbraio 1341 Obizzo III d’Este e Niccolò I d’Este, Signori di Ferrara, incontrarono nella loro città Ubertino da Carrara, Signore di Padova, Giovanni e Luchino Visconti, Co-Signori di Milano, Taddeo Pepoli, Signore di Bologna e Luigi (Lodovico I) Gonzaga, Capitano del popolo di Mantova; essi costituirono una lega per fronteggiare i nemici, principalmente contro Mastino II della Scala che voleva impadronirsi della città di Parma.

Seguirono nei mesi successivi diverse scaramucce tra i Visconti e gli Scaligeri e soprattutto cambiarono le alleanze; fu così che il 9 marzo 1342 Mastino II della Scala e Taddeo Pepoli si recarono a Ferrara presso la corte di Obizzo III; qui vennero raggiunti dagli ambasciatori di Firenze per discutere il da farsi sulla cosiddetta “Guerra di Lucca”, la città che Mastino aveva venduto a Firenze ma che Pisa voleva a tutti i costi. Il giorno seguente, finito l’incontro, mentre Taddeo Pepoli rientrava subito a Bologna, Obizzo III accompagnava Mastino II fino a Rovigo dove pernottarono entrambi.

Nella mattinata discussero durante il viaggio, poi si fermarono a pranzo a Lendinara, dove s’intrattennero fino al giorno successivo, quindi continuarono il loro viaggio fino a Castelbaldo, un piccolo borgo soggetto a Padova. Qui i due si salutarono e Obizzo riprese la strada che lo conduceva a Lendinara mentre Mastino proseguiva per Verona.

Sempre a Ferrara, l’8 luglio 1342, alla corte di Obizzo III si tenne un’altra “convention” tra gli alleati; oltre al marchese d’Este, erano presenti Mastino della Scala, Taddeo Pepoli, gli ambasciatori di Firenze e Malatesta III l’Antico, detto Guastafamiglia, Signore di Rimini.

Tre anni dopo, precisamente il 2 luglio 1345, il marchese Obizzo III d’Este e Mastino II della Scala partirono con le loro scorte da Ferrara (dov’erano giunti da pochi giorni) diretti a Bologna. Il loro obiettivo era convincere Taddeo Pepoli, loro alleato contro i Visconti, ad aumentare il proprio impegno in termini di soldati, di rifornimenti e di denaro. Tutto questo risultava ancora più necessario dopo la sconfitta subita il 26 giugno dalla Lega anti-viscontea nel suo tentativo di conquistare Reggio Emilia, città difesa da Feltrino Gonzaga.

Durante il viaggio da Ferrara a Bologna, i due nobili fecero sosta per rifocillarsi in una locanda di Altedo, un villaggio distante 15 miglia da Bologna. Proprio in questo borgo, sito a metà strada dalle due città menzionate, li attendeva Giovanni Pepoli, figlio di Taddeo. Questi li accolse con tutti gli onori che a loro competevano e si sedette a tavola con loro, consumando anch’egli un frugale pasto prima di continuare il viaggio fino a Bologna. Chissà se il rampollo di casa Pepoli offrì il pasto ai due ospiti, trovandosi in terra bolognese dove la sua famiglia aveva numerosi possedimenti: e forse anche quella locanda poteva essere di loro proprietà. Ma, fatta salva quest’ultima ipotesi, solo l’oste poteva sapere come andò a finire davvero, ammesso e non concesso che uno dei tre avesse saldato il conto!

Arrivati a Bologna, il marchese d’Este fu alloggiato a San Procolo e Mastino fu ospitato nel convento dei Domenicani. Nella stessa giornata furono raggiunti a Bologna da Ostasio da Polenta, Signore di Ravenna e da Azzo da Correggio, Signore di Parma: un vero e proprio summit, come si direbbe oggi.

Il giorno seguente i quattro nobili ebbero vari incontri con Taddeo Pepoli ma, nonostante le loro suppliche, non riuscirono a ottenere l’obiettivo che si erano prefissi; il lunedì successivo i quattro aristocratici e le rispettive scorte se ne andarono dalla città petroniana per ritornare nelle loro terre, ma senza aver ottenuto nulla di concreto.

In sintesi, Taddeo Pepoli fece loro grandissimi onori però le richieste avanzate non furono esaudite: questo perché il Signore di Bologna stava già pensando di cambiare alleanza e di accordarsi con Luchino Visconti, Signore di Milano. Pochi giorni dopo quel pasto consumato ad Altedo, l’esercito di Luchino Visconti conquistò la fortezza di Soragna distruggendola, poi, il 17 luglio 1345, prese pure il castello di Noceto, difeso da Giberto da Sanvitale.

A quel punto Obizzo III, che aveva comprato la città di Parma dai Da Correggio, inviò suo nipote Francesco d’Este a condurre un esercito contro i Viscontei. Le due armate si scontrarono nei prati di Collecchio, presso il fiume Taro. Il 26 luglio, il comandante dei Viscontei inviò il guanto di sfida a Francesco d’Este che prontamente l’accettò. Al giorno stabilito, i due eserciti si schierano in ordine di battaglia: ma il capitano visconteo, temendo che gli estensi attendessero dei rinforzi (i quali certamente li avrebbero sorpresi e sopraffatti nel pieno della battaglia) si ritirò all’interno delle sue fortificazioni. Francesco rimase padrone del campo, insieme al figlio di Mastino II, Frignano della Scala e Cabriotto da Canossa. Ebbene, questi ultimi due, appena rientrati a corte, furono nominati cavalieri come se avessero vinto una grande battaglia.

Tornando al pranzo di tali aristocratici Signori alla trattoria di Altedo, quello fu certamente un avvenimento degno di nota, ma di sicuro non cambiò l’esistenza quotidiana degli abitanti del territorio altedese. Però facciamo una nostra ipotesi un po’ suggestiva: forse cambiò l’esistenza di quell’oste che li ospitò, in virtù dei numerosi denari lasciati da quei nobili, così tanto ricchi e famosi. Infatti le monete a lui lasciate -che fossero d’oro o d’argento- a quel tempo potevano cambiarti la vita!!!

Dino Chiarini- Giulio Reggiani

FOTO

1- Affresco in palazzo Schifanoia a Ferrara

2 – Obizzo III d’Este https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Obizzo_III_d%27Este2.jpg

3 – Taddeo Pepoli in una litografia dell’Ottocento https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Pepoli_003.jpg

4- Monete “bolognini”

5 -Luchino Visconti (1287-1349) da Cesare Cantù: Grande illustrazione del Lombardo-Veneto ossia storia delle città, dei borghi, comuni, castelli, ecc. fino ai tempi moderni. Milano, Corona e Caimi Editori, 1858.
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/3/37/Lucchino_Visconti.jpg/375px-Lucchino_Visconti.jpg

 

6 – Stemma dei Pepoli con scacchiera (per questo detti “scacchesi”) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Arms_of_the_house_of_Pepoli.svg

 

 

7 – Mastino_II_della_Scala monumento equestre di Ugo Franchini
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Mastino_II_della_Scala.jpg