Dalle steppe ai campi di grano…. e ora di battaglia. Una lunga storia

PREMESSA. Per approfondire la conoscenza storica  di una terra, l’Ucraina,  ora diventata tragicamente di attualità, al di fuori delle tante parziali e spesso strumentali, fuorvianti e interessate versioni che  vengono diffuse dalla stampa e sui social, proponiamo 2 interessanti articoli pubblicati sulla rivista online Storica- National geographic.
1 – La steppa e il grano: l’Ucraina nell’Età moderna
di Bojan Mitrovic – 24 marzo 2022
Nella Bibbia, il racconto di Caino e Abele offre una versione mitizzata di quello che, con ogni probabilità, fu dalla preistoria all’Età moderna uno dei conflitti principali fra i gruppi umani: quello fra pastori e agricoltori, simboleggiati, nel racconto biblico, dai due figli di Adamo ed Eva. E forse furono pochi i posti al mondo dove tale conflitto assunse la stessa asprezza e, soprattutto, durò così a lungo, come nei territori dell’attuale Ucraina. Lo stesso nome Ucraina vuol dire “terra di confine”, un significato che ha una valenza in primo luogo geografica.
Tra i fiumi e le steppe
La steppa sarmatica, che a est si protende fino alla Mongolia, si chiude a ovest sulle pendici dei Carpazi, le stesse che costituiscono il confine occidentale dell’attuale Ucraina. Ma il Paese fa da confine anche fra due bacini fluviali, quello del mar Baltico, nell’estremo ovest, e quello del mar Nero, i cui confluenti coprono la maggior parte della superficie. E sono queste due traiettorie di comunicazione, la steppa sull’asse est-ovest e i fiumi sull’asse nord-sud, a fornire la cartina tornasole per l’interpretazione della buona parte della storia del Paese, dall’età antica fino agli ultimi secoli dell’Età moderna.

I cosiddetti popoli delle steppe che periodicamente invasero l’Europa e il Medio Oriente potevano essere accomunati sotto lo stesso nome soltanto dalle popolazioni agricole e sedentarie che, di tanto in tanto, si trovarono a fronteggiarle. In realtà, gli sciti e sarmati di origine iranica, così come i turchi e i mongoli, – le popolazioni che vivevano e si spostavano nella steppa euroasiatica – avevano le più svariate origini etniche e credenze religiose. Ciò che li accomunava, anche sull’arco di millenni, era lo stile di vita, di pastori e guerrieri a cavallo, con consumi molto frugali, periodicamente integrati col bottino delle razzie. Perché, a differenza di ciò che ci racconta la Bibbia, è al pastore che la guerra “costa” di meno. Le greggi sono dei beni mobili, e in caso di emergenza si possono unire e affidare a pochi uomini mentre gli altri partono per la guerra. La vita dell’agricoltore è invece vincolata all’appezzamento che coltiva e alle scorte per l’inverno che riesce a raccogliere. Se queste vengono meno, questi può persino morire di fame.

La seconda traiettoria, quella dei fiumi Dniepro, Dniestro e Bug, sull’asse nord-sud, è relativamente meno antica, del tardo VIII e inizio IX secolo, e coincide in larga parte con la cosiddetta via variato-greca, che portava ambra e pellicce dalla Scandinavia e mar Baltico fino a Costantinopoli, e spezie e vari beni di lusso sulla strada del ritorno. È attorno a questa via che i vichinghi fondarono le prime città dell’attuale Ucraina, Bielorussia e Russia, e presumibilmente, attorno a esse sorse la coltivazione del grano, che per lungo tempo dipese però dal disboscamento, e dunque dalla disponibilità di foreste vergini. Se da un lato l’agricoltura permetteva la nascita di strutture sociali più complesse, il disboscamento ampliava il raggio d’azione dei cavalieri nomadi e dunque aumentava le probabilità d’incursione.

I predoni cosacchi

Per tutta l’Età moderna, l’Ucraina fu terra di confine fra i vari stati limitrofi: la Russia, la Confederazione polacco-lituana, e, in misura molto minore, l’impero ottomano e quello austriaco. In più, nella regione vi furono due entità statali o parastatali che si svilupparono parallelamente: il khanato di Crimea (1441-1783; dal 1475 sotto protezione ottomana e dal 1774, di fatto, sotto protezione russa) e l’etmanato cosacco (1648-1764; vassallo russo dal 1654).

Per molti versi, il khanato di Crimea fu quello che oggi chiameremmo uno “stato canaglia”. Ultimo rimasuglio europeo del grande impero di Gengis Khan (il cosiddetto khanato dell’Orda d’Oro), questo stato dei tatari islamizzati era centrato nella penisola di Crimea, chiusa ai tre lati dal mar Nero e dal mar d’Azov. Da lì, i cavalieri del khanato uscivano in scorrerie nell’entroterra ucraino al fine di prevenire che nelle steppe si stabilizzassero insediamenti slavi. Il loro principale bottino era costituito da uomini e donne da vendere come schiavi sul mercato ottomano. Infatti, il commercio degli schiavi fu la principale fonte di entrate dell’intero stato. Non sappiamo se il romanzo di Dino Buzzati fosse effettivamente ispirato alla situazione in Ucraina nel cinquecento, ma essa fu effettivamente un “deserto dei tartari” creato dalle continue scorribande degli abitanti di Crimea in una terra altrimenti fertilissima. La popolazione locale fuggì, venne ridotta in schiavitù, oppure, come spesso accade, si adattò alle nuove condizioni. Per sfuggire ai predoni, anche gli slavi ortodossi locali adottarono le usanze dei nomadi musulmani delle steppe creando un’entità a loro contrapposta che era insieme un popolo, uno stato e un corpo d’armata, e cioè i cosacchi.

L’instabilità polacco-lituana

Dal punto di vista formale, la maggior parte del territorio ucraino nel cinque e seicento era sotto il dominio della Confederazione polacco-lituana. Questa entità confederale, nata ufficialmente nel 1569 con la Convenzione di Lublino, era una monarchia elettiva dominata dalla nobiltà locale. Infatti, ogni deputato del sejm (dieta, parlamento nobiliare) aveva il diritto di veto e ogni decisione poteva essere presa solo all’unanimità, o al massimo con astenuti. La numerosa nobiltà forniva un esercito feudale molto forte, ma le sue capacità strategiche erano seriamente danneggiate dalla cronica indecisione politica.

Caso particolare nell’Europa della Riforma e Controriforma, nel 1573 il sejm proclamò la libertà religiosa su tutto il territorio della Confederazione, libertà che includeva anche i cristiani ortodossi, ebrei e musulmani, oltre che i cattolici e i protestanti. Ma ciò non volle dire che lo stato fosse privo di frizioni religiose. I cosacchi cristiano-ortodossi guardarono sempre col sospetto la nobiltà cattolica polacco-lituana. Per di più, dal cinquecento in poi, la maggior parte della produzione del grano della Confederazione iniziò a essere destinata all’esportazione. Questo volle dire non soltanto che i nobili polacchi e lituani accumularono sempre più ricchezze, ma che i loro modi di coltivazione furono sempre più intensivi e i contadini furono sempre più soggetti alla servitù della gleba.

L’unica via di fuga, per i contadini polacco-lituani come per quelli russi, fu, di fatto, quella di unirsi ai cosacchi. Gli attriti con la Confederazione fecero così scoppiare la rivolta di Chmel’nyc’kyj del 1648, dalla quale nacque uno stato autonomo cosacco. La conseguenza sarebbe stato il distaccamento dalla Polonia di quasi tutto il territorio dell’attuale Ucraina, che sia avvicinò invece alla Russia, guidata da una nuova dinastia, quella dei Romanov (dal 1613). L’autonomia dell’etmanato cosacco sarebbe stata definitivamente soppressa nel 1764 da Caterina II di Russia, che lo annesse ai propri territori.

Il potere autarchico della Russia

I vichinghi, o variaghi, che avevano fondato le prime città sui fiumi, diedero anche origine alla prima dinastia russa e ucraina, inizialmente basata a Kiev, la dinastia dei Rjurikidi. A metà del XI secolo però, i figli del sovrano di Kiev iniziarono a spartirsi i singoli territori del regno tra loro, diventando così facili prede dei popoli delle steppe.

A salvarsi fu il principato più remoto, posto a nord e circondato da boschi: quello di Mosca, il cui capo, Ivan IV Rjurikide (1530-1584), detto il Grande o il Terribile, divenne nel 1547 lo zar di tutte le Russie. L’ascesa di Moscovia fu accompagnata dalla graduale liberazione del territorio dalla dominazione dei nomadi mongoli e tartari, ma anche dall’incorporazione di alcune istituzioni dei popoli delle steppe. Invece delle libertà politicamente paralizzanti della nobiltà polacco-lituana e della libertà anarcoide dei cosacchi, i russi elaborarono un sistema autarchico di governo dove, come nei khanati discendenti dell’Orda d’oro, la parola dello zar era quella finale su quasi tutte le questioni.

Ma, a differenza dei khanati tatari, la potenza militare della Russia, anche prima del suo grande zar Pietro il Grande, poggiava soprattutto sulla fanteria con armi da fuoco e su sistemi organici di fortificazioni, che contribuirono alla costruzione di uno stato moderno con cui nessuno dei vicini poteva rivaleggiare. E questo continuo perfezionamento tecnologico, strategico e tattico delle armi da fuoco tolse al khanato di Crimea le risorse fornitegli dalle razzie, assicurando quindi la stabilità politica della parte occidentale della steppa sarmatica che nessuno stato precedente era stato in grado di garantire. I pascoli degli antichi guerrieri nomadi si trasformarono così, nell’arco di pochi secoli, nelle infinite distese di campi di grano che rendono l’Ucraina, ad oggi, uno dei principali esportatori mondiali di questo cereale.

Bojan Mitrovic – 24 marzo 2022

FOTO (di pubblico dominio) da vedere  a corredo dell’articolo  pubblicato sulla rivista Storica

1 – Mappa fisica dell’Ucraina

2 Steppa dell’attuale Kazakistan

3 – Un guerriero tartaro a cavallo

4 – ‘I cosacchi dello Zaporož’e scrivono una lettera al sultano di Turchia’, dipinto di I. E. Repin.

5 – ‘La repubblica all’apice del suo potere’ in un’opera di Jan Matejko, che raffigura un’elezione reale

6 – Il capo della rivolta cosacca del 1648 entra a Kiev in un quadro di Mykola Ivasyuk

7 – La steppa ucraina oggi (qui in alto)


Vedi:  
https://www.storicang.it/a/steppa-e-il-grano-lucraina-nelleta-moderna_15489