I Vichinghi, tra storia, leggenda e uso politico

L’uso politico del Medioevo nordico. Articolo di Roberto Luigi Pagani . 7 gennaio 2021(*)
I fatti avvenuti negli Stati Uniti il sei gennaio 2021, con il risvolto raccapricciante dei morti, sono rimbalzati su tutti i giornali del mondo. Ha avuto molto risalto la fotografia di un uomo, il cui nome è Jake Angeli, che è comparso in modo preponderante nelle immagini dei vari reportage per via del suo look eccentrico. Senza entrare nel merito politico della questione americana, vorrei usare questa opportunità per parlare di un’altra questione, piuttosto seria e complessa, che interseca gli studi sul medioevo nordico, la ricezione attuale di quel mondo, e gli usi politici che se ne fanno.

Da studiosi del Medioevo nordico, dobbiamo tutti confrontarci con il fatto che la nostra disciplina ha derivato un considerevole impeto, ai suoi albori, da un fondamento teorico e da motivazioni non esattamente innocenti, e che il retaggio di quel periodo è ancora estremamente vivo nella cultura e nell’immaginario popolare.

Mi riferisco alla tematica del suprematismo nordico: gli studi storici e filologici germanici, iniziati nel corso dell’Ottocento, sono stati in larga misura motivati da una spinta ideologica in senso razziale. I nazisti, a differenza di quello che crediamo spesso, non consideravano i tedeschi come una “razza superiore”, anzi ammettevano di essere il risultato di un notevole miscuglio di popoli. Ciò nondimeno, identificavano la propria matrice culturale nel germanesimo antico, e guardavano alla Scandinavia come una sorta di oasi pura dove la loro antica cultura e razza era stata preservata nella sua essenza più pura.

In particolare, i nazisti guardavano all’Islanda come sorta di culla della cultura germanica, visto che è proprio in Islanda che furono composti gli unici testi in nostro possesso che ci offrano una visuale sulla mitologia germanica pagana. Il problema è che questi testi sono stati composti da autori cristiani ad almeno duecento anni dalla conversione, ma questo ai nazisti importava solo secondariamente.

Questi temi, assieme a tutta una serie di elementi visuali e culturali, sono stati messi insieme (e continuano ad essere assemblati) in modo da creare un passato germanico idealizzato che funga da fondamento identitario per i suprematisti di oggi, e che giustifichi la loro superiorità. Si è creato così il mito del nordico alto, bello, forte e coraggioso, indipendente e temprato da un clima rigido (poco importa se l’Islanda ha temperature molto più miti in inverno dell’Appennino abruzzese), con l’elmo cornuto e (grazie alla serie TV Vikings, un’ascia in mano, la testa rasata, e un abbigliamento da metallaro.

Questa caricatura del “vichingo”, che viene costantemente aggiornata e rimaneggiata nella cultura pop, si associa spesso alla collocazione spaziale in ambienti rigidi, perché (sempre nell’Ottocento) era nata l’idea che i climi freddi producono popolazioni più produttive e forti, mentre i climi caldi producono mollaccioni pigri e indolenti. Si aggiungono anche simboli presi a caso da periodi storici diversi, così avremo, ad esempio, una nave vichinga del nono secolo in associazione a rune germaniche del terzo secolo e a un simbolo magico islandese del 1800!

Se osserviamo la simbologia sfoggiata da questo personaggio, Jake Angeli, notiamo che esso esibisce un interessante mix di simboli nordici tatuati sul corpo, ed un copricapo cornuto. Pur apparendo superficialmente come una metà appropriazioni di un elemento della cultura nativa (una sorta di messaggio di indicazione di appartenenza ancestrale alla terra), il copricapo cornuto si interseca anche con la simbologia del pioniere/trapper alla conquista del west (difatti le code ricordano più Davy Crockett, che non il pelo di bisonte usato dagli sciamani), ma anche con l’idealizzazione del mondo nordico, operata a partire dalle opere liriche di Wagner (il quale era, guarda caso, generalmente amato dai nazisti). Non intendo occuparmi dell’appropriazioni di elementi nativo-americani o da Far West in questa sede, perché l’argomento è il Medioevo nordico, per cui mi concentrerò sui tatuaggi, inequivocabilmente legati ad esso: abbiamo un simbolo geometrico che consta di tre triangoli intersecati, il cosiddetto valknútr, che compare su alcune pietre runiche del IX secolo, ma del quale non conosciamo il significato, una stilizzazione dell’albero cosmico Yggdrasil, che nella mitologia eddica regge insieme i nove mondi che costituiscono il cosmo, e un Mjöllnir, il martello di Thor.

Tutti questi simboli hanno un’abbondante storia di sfruttamento da parte di gruppi e associazioni suprematiste e razziste, come la Forschungsgemeinschaft Deutsches Ahnenerbe e. V, società della ricerca delle origini ancestrali fondata da Heinrich Himmler, ma anche da numerosi gruppi più o meno apertamente razzisti che si possono incontrare sulla rete. In Scandinavia esiste un gruppo razzista e apertamente suprematista, il Nordic Resistance Movement, che fa ampio uso di simbologie di questo tipo.

Questo miscuglio di simboli potrebbe in alcuni casi, magari non proprio eclatanti, considerarsi come una manifestazione innocente di un gusto estetico, colpevole al massimo di essere un po’ kitsch, ma la realtà è che (consciamente o meno) questo uso particolare e distorto di elementi antichi mescolati in questa sorta di zombie simbolico, nasce ed è indissolubilmente legato a concetti di suprematismo nordico. Del resto, viene da chiedersi, per quale motivo uno dovrebbe aggrapparsi a questi falsi storici se non per la convinzione che in essi risieda un qualche valore? E una volta mostrato che il valore non risiede nella loro realtà storica (che non hanno), cosa rimane se non il loro retaggio di associazione con l’idea di superiorità del mondo nordico e, per estensione, di chi può vantare una discendenza da esso?

Se si visitano vari gruppi Facebook dedicati agli appassionati di genealogia o di studi genetici, si nota una preoccupante preponderanza di individui propensi a vantare origini nordiche, o addirittura “vichinghe”, visto che le compagnie di analisi genetica usano spesso questa “buzzword” per attrarre le numerosissime persone che cercano disperatamente prove delle loro ascendenze nordiche, quasi che queste corroborerebbero una loro insita superiorità. Ovviamente si tratta di un uso scorretto della storia e della lingua: come ripeto continuamente, i vichinghi erano soltanto pirati, e l’utilizzo del termine “vichinghi” per descrivere i popoli scandinavi dell’età del ferro è a sua volta un uso che nasce nel contesto di teorie sulla superiorità di questi popoli. Nell’Ottocento inglese era un’idea diffusa che il popolo anglosassone fosse composto da effemminati e deboli, prima dell’invasione danese del secolo IX, che avrebbe apportato una componente “vichinga” trasformandolo nel popolo di conquistatori e imperialisti che è poi diventato.

Generalmente, quando gli esperti mettono in guardia non già sugli usi politici di questi simboli, ma anche semplicemente sulla loro incoerenza storica, parte spesso un’alzata di scudi dai loro sostenitori e utilizzatori, che prende le forme di un’accusa di cospirazione per cancellare non si sa bene quale discreta identità culturale. In altre parole, spiegare che non sappiamo quale senso avesse il simbolo che oggi chiamiamo “Valknut”, che il vegvísir compare nell’ottocento, che gli antichi scandinavi non si chiamavano “vichinghi”, che i testi mitologici risentono di un influsso cristiano etc., equivarrebbe a negare le radici e l’identità di qualcuno che oggi si identifica con tale simbologia. In realtà, nessuno (o pochi estremisti) negherebbero le specificità culturali dei vari popoli, e sottolineare l’esistenza e l’apporto di influssi esterni nelle culture antiche non deve essere per forza un modo tendenzioso per suggerire che oggi dovremmo abbandonare ogni attaccamento alla nostra cultura e accettare indiscriminatamente ogni influsso proveniente dai quattro punti cardinali, come sembra che molti temano.

Così come i cristiani sono ben felici di praticare il loro credo a prescindere dalle modifiche che esso ha subito nella sua sovrapposizione a culti precedenti, non capisco perché gruppi neopagani che si ispirano al mondo germanico debbano essere così restii a riconoscere l’apporto cristiano alla composizione dei testi ai quali si rivolgono. A meno che non sussista una tendenza più o meno sottaciuta a disprezzare tutto ciò che non possa essere considerato puro, così che diventa vitale negare con fermezza o rifiutare ogni commento degli esperti che non vada a confermare questo pio desiderio di purezza.

Qui si colloca il problema e la critica che spesso viene mossa indiscriminatamente a tutti coloro che fanno uso (per quanto innocente) di simboli presi dal mondo nordico, ovvero l’idea di voler forzosamente sottolineare la distinzione tra gruppi, proiettando tale intento attuale sul passato, distorcendolo e rinforzando l’idea di una profonda frattura tra gruppi umani attuali la cui esistenza viene legittimata dalle sue presunte origini antiche.

Ormai è scientificamente assodato che già le popolazioni del medioevo scandinavo consistevano di individui etnicamente abbastanza mescolati, come riportato da una ricerca rivoluzionaria pubblicata su Science nel 2020: pare che in Scandinavia, nel medioevo, ci fossero meno biondi di quanti se ne sarebbero poi diffusi nei secoli successivi, e che il contatto e lo scambio genetico con popolazioni più a sud fosse già marcatamente presente. Questo scardina l’idea per cui, nel Medioevo nordico, sarebbe esistita una sorta di età dell’oro dove lo spirito scandinavo avrebbe raggiunto, in virtù della sua purezza, uno stato di perfezione – idea che si trova alla base dello sfruttamento del periodo a fini razzisti. Ancora, questo non significa voler negare le profonde differenze tra gruppi umani, ma inquadrarle in una modalità più bilanciata e meno ideologicamente schierata, rendendo giustizia alla loro complessità.

Quando molti di noi si approcciano alle informazioni, alla rete o agli esperti, non lo fanno con un genuino interesse volto all’apprendimento; in realtà, quello che cercano è una conferma ai propri pregiudizi. Gli articoli che sembrano offrire punti di vista diversi dal nostro sono spazzatura, gli esperti vanno bene soltanto quando sono d’accordo con noi, altrimenti sono per forza venduti, corrotti, o con intenti cospiratori. Si tratta di un atteggiamento profondamente umano quanto malsano, che sarebbe opportuno correggere: bisogna imparare che il mondo non finisce se scopriamo che una cosa che avevamo letto, che ci avevano insegnato, o che avevamo studiato è in realtà falsa.

A onor del vero, esistono gruppi di appassionati del medioevo nordico che sostengono di voler combattere l’appropriazione indebita di questo mondo da parte dei suprematisti. Questa immagine circola spesso in rete: Si tratta di un tentativo maldestro di dissociarsi dal legame tra questa simbologia e il razzismo perché, da un lato, rinforza l’associazione di un alfabeto proveniente da un periodo storico diverso da quello del simbolo centrale, e dall’altro fa uso di un linguaggio che segna indiscutibilmente l’appartenenza di questi simboli a persone specifiche sulla base del loro patrimonio genetico.

Dire “Riappropriamoci dei nostri simboli nordici” significa comunque dare credito all’idea che questi simboli appartengano a qualcuno, e questo qualcuno abbia diritto ad usarli in virtù delle sue origini, concetto che rientra a pieno titolo nel razzismo. In altre parole è come dire: noi ci dissociamo da chi usa questi simboli per discriminare gli altri, ma ci consideriamo comunque un gruppo discreto e separato che ha più diritto di altri all’uso di questi simboli perché questa è la nostra cultura. Ma i simboli antichi non appartengono a nessuno. Non sono marchi registrati, e specialmente non ne detengono i diritti cittadini americani (o, scandinavi, o italiani), che con tutte le decine di ascendenze etniche che potrebbero reclamare, hanno deciso di identificarsi proprio con quella nordica. Sono simboli caduti in disuso secoli fa, e che sono stati riesumati e mescolati con un intento doloso. Non sono simboli radicati nelle coscienze collettive di alcun popolo moderno, per via della cesura avvenuta con la conversione e all’ingresso nel mondo culturale europeo, per questi motivi il loro utilizzo solleva invariabilmente qualche sospetto – sia esso relativo a presunti intenti politicamente poco innocenti, o anche alla semplice ignoranza storica.

Come del resto avviene per tanti altri periodi storici, il Medioevo nordico viene idealizzato spesso in chiave diametralmente opposta, per cui da un lato abbiamo gruppi di appassionati marcatamente di sinistra che pongono l’accento sulla (presunta) maggiore libertà femminile nella società nordica e sul (sempre presunto) collettivismo e spirito di condivisione dei gruppi sociali del periodo, e gruppi più marcatamente di destra che proiettano invece la loro idea di società più patriarcale, con ruoli nettamente divisi, e dove l’accento viene posto sull’individualismo e sull’eroismo del singolo. Ovviamente sono entrambe proiezioni sbagliate: la società nordica era per certi versi meno permissiva con le donne rispetto a quella romana, e i casi citati dai sostenitori dell’emancipazione femminile nordica si configurano come casi in cui la donna poteva contare su connessioni sociali rilevanti, cosa ovviamente rara e limitata a donne di elevata estrazione sociale, e fa sorridere immaginarsi una tribù norreno come una sorta di comune hippie. Dall’altro lato, anche l’idea di un patriarcato rigido è poco rispondente a realtà, visto che le donne dovevano assumersi compiti che in altre società erano tipicamente maschili, e l’individualismo e l’eroismo non erano valori assoluti, ma contingenti. In caso di inferiorità, i vichinghi sapevano benissimo battere in ritirata.

Appare dunque chiaro come il Medioevo nordico sia un universo complesso che è stato e che viene ancora immaginato e rielaborato per adattarsi alle nostre aspettative. Si configura come una proiezione dei nostri desideri e delle nostre aspirazioni, e assume (di volta in volta) conformazioni che si adattano ai pii desideri di coloro che ne fanno uso. Naturalmente, è compito degli studiosi raccontare nel modo più oggettivo possibile la realtà di questo affascinante periodo storico, restituendo la complessità di questo mondo tanto affascinante quanto abusato.

Roberto Luigi Pagani

Articolo già pubblicato sul sito:

(*) https://unitalianoinislanda.com/2021/01/07/luso-politico-del-medioevo-nordico/?fbclid=IwAR20HICBVYGffv6tDNiWqCAkmKClUyn7odHWcd125eiwv0_QG_QXfp2WGfA

Le foto  sono state  scelte  dalla redazione e riprese da siti internet

In foto n. 3 : Il simbolo vegvísir, che compare in un manoscritto islandese del 1800, circondato da un alfabeto runico in uso tra 200 e 700 d.C., circondato a sua volta da una stilizzazione geometrica ispirata a teste di drago cerimoniale della fine del primo millennio.

Info sull’autore: Roberto Luigi Pagani

laureato in lingue scandinave e con una laurea magistrale in studi medievali islandesi ottenuta all’Università d’Islanda. Ora sta facendo un dottorato alla stessa università (con una ricerca sui manoscritti del tardo medioevo islandese) dove insegna o ha insegnato varie cose, come antico islandese, manoscritti islandesi o lingua e letteratura italiana. Ha lavorato anche come traduttore e ogni tanto fa la guida per Italiani qui in Islanda. In Diana trovate una sua traduzione dei testi medievali sulla scoperta dell’America da parte dei popoli nordici dal titolo “Saghe della Vinlandia”, mentre in Iperborea ha pubblicato una traduzione di un racconto medievale islandese dal titolo “Saga di Gunnar”.

Per altri approfondimenti sui vichinghi:

https://unitalianoinislanda.com/2020/08/17/i-vichinghi/

https://it.wikipedia.org/wiki/Vichinghi

https://www.treccani.it/enciclopedia/vichinghi_%28Dizionario-di-Storia%29/

Disegni e simbologia :

https://www.google.it/search?q=vichinghi+disegni&tbm=isch&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjQqIyY2IruAhXBgKQKHTcsBcUQrNwCKAB6BQgBELoC&biw=1638&bih=852#imgrc=oabhfu1nNjqahM

Altri contributi su storia delle religioni:

https://www.pianurareno.org/?q=taxonomy/term/126