“PIAZZA MARINO, IL POETA CONTADINO”- Un ricordo biografico di Gian Paolo Borghi –
Marino Piazza ovvero “Piazza Marino, il poeta contadino”, secondo una sua felice autodefinizione, è stato senza alcun dubbio uno dei leader dei cantastorie attivi nel secolo scorso in Italia Settentrionale. Marino nasce a Bazzano nel 1909 in una famiglia bracciantile in grandi ristrettezze economiche. La madre, vedova con tre figli giovanissimi, lo manda a fare il garzone da un contadino risolvendo il problema di come avere una bocca in meno da sfamare.
Il mestiere però non lo soddisfa e vorrebbe fare invece il cantastorie. Lo ispirano quegli artisti popolari che si agiscono ai mercati e alle fiere nei dintorni di casa sua, a cominciare dal poeta popolare modenese Emilio Uguzzoni, detto Sirudèla o “Poeta della Verità”.
A sedici anni scrive la sua prima zirudella; chiede il permesso a un cantastorie che si sta esibendo e la recita al mercato di Bazzano ottenendo un grande successo di pubblico. Si accorda con il contadino nel cui podere lavora e inizia a frequentare le piazze dividendo a metà con lui gli introiti che realizza.
Dopo il trasferimento con la famiglia nelle vicinanze di Castelfranco Emilia disdice il “contratto” e si mette in proprio iniziando la produzione a stampa di “zirudelle” dialettali che vende al suo uditorio. Studia il clarino e fa coppia per qualche tempo con il fratello Pietro, virtuoso della fisarmonica, che poi inizierà a suonare in un’orchestra da ballo. La sua tecnica d’intrattenere il pubblico improvvisando in rima baciata lo rende celebre al pari della recita delle sue “zirudelle”, per le quali trae ispirazione dalle più diverse situazioni, dalla cronaca umoristica alle storie boccaccesche, dai piccoli avvenimenti di paese ai fatterelli che circolano di bocca in bocca.
Con il trascorrere degli anni compone diverse centinaia di testi ampliando il suo repertorio alle canzoni, alla cronaca nera, alla satira sociale e politica.
Dai primi mercati che raggiunge in bicicletta si indirizza in seguito (favorito anche dal suo trasferimento a Borgo Panigale e quindi a Bologna) alle frequentazioni di fiere e mercati emiliani, romagnoli e marchigiani. Si esibisce con diversi colleghi, tra i quali Adelmo Boldrini, Lorenzo De Antiquis, Antonio Scandellari, Vincenzo Magnifico (“Bobi”), Mario Bruzzi (il “barone”) e Giuseppe Dian.
È tra i fondatori, nel 1947, dell’”Associazione Italiana Cantastorie” ricoprendo per anni vari incarichi nel sodalizio, tra cui quelli di tesoriere e di responsabile della sezione emiliano-romagnola. Inizia pure a fare l’editore dei suoi testi e di altri cantastorie curando la stampa di un numero rilevante di fogli volanti, opuscoli e canzonieri.
Le difficoltà del mestiere lo inducono, negli anni ’60, a trasformarsi in venditore ambulante e a modificare l’attività tradizionale scegliendo di esibirsi sul palcoscenico in occasione di feste popolari, sagre e manifestazioni culturali. Sua è l’ideazione del gruppo “Gli Allegri Cantastorie” (con Antonio Scandellari, Adelmo e Dina Boldrini, Gianni Molinari)
In quegli stessi anni si indirizza anche alla produzione di dischi fondando la casa discografica “Italvox”. Per le sue eccelse qualità artistiche popolari gli viene conferito, nel 1970, il titolo di “Trovatore d’Italia”, il massimo riconoscimento riservato ai cantastorie.
Fino a pochi anni dalla sua scomparsa, avvenuta nel 1993, ha continuato a condurre con il figlio Alessandro una appassionata e frenetica attività, con la sua bancarella, ai mercati emiliani e romagnoli vendendo oggetti vari (chincaglieria, lame da barba, cinture ecc.) e la sua più recente produzione, incisa su dischi e musicassette o stampata su libretti.
Nel 2014, a sua memoria, il Comune di Bologna e i suoi familiari hanno promosso l’affissione di una targa, nei pressi di Piazza VIII Agosto, opera dello scultore bolognese Franco Armieri, che riproduce l’artista e riporta un semplice ma incisivo epitaffio: Piazza Marino/poeta contadino/Cantastorie/1909-1993/animò il mercato della Piazzola.
Gian Paolo Borghi
Vedi anche: http://www.teche.rai.it/1959/01/la-storia-narrare/?fbclid=IwAR11sn21zOE0W_s053gyqebZKCauqBOz_ZbhPMpki3efEW9LlXelLuhWibY 23 gennaio 1959 . Video di 32 minuti
Storie di cantastorie
Il documentario radiofonico “La storia che andiamo a narrare” del 1959, descrive l’affascinante mondo dei cantastorie che girano nei paesi della provincia italiana con i loro versi cantati e stampati su grandi fogli, raccontando le vicende ispirate quasi sempre a “fattacci” di cronaca nera senza badare troppo alla metrica o alla sintassi, ma facendo leva sui sentimenti degli spettatori. Il giornalista Mario Pogliotti ha esplorato il modo di vivere dei cantanti suonatori, alternando brani di canzoni interpretate durante gli spettacoli di piazza alle testimonianze degli stessi protagonisti.
Ciccio Busacca ex contadino divenuto cantastorie si riallaccia all’antica tradizione dei cantastorie siciliani che amano mostrare i quadri delle storie eseguite su cartelloni colorati.
Giuseppe Bollani, innovatore della tecnica dei cantastorie, alterna le esibizioni tragiche o umoristiche a pause in cui inserisce la vendita straordinaria di lamette da barba o matite a sfera. Una pratica usata durante la guerra per sopravvivere che ha avuto seguito tra i suoi colleghi. Nell’universo degli itineranti sono numerosi i nuclei familiari di cantastorie, come nei circhi e nei teatri viaggianti si tramandano il mestiere da generazioni. Il diverso grado di parentela ne stabilisce anche i compiti da svolgere durante le esibizioni: chi suona la cornetta, chi il tamburo, chi clarino e così via.
Al capo famiglia è riservato il ruolo di direttore, spesso, anche di cantante. Una delle famiglie più numerose è quella veneta dei Maniero, composta dal padre Luigi, dalla moglie e da tredici figli, insieme hanno formato un’orchestrina che gira tutta l’Italia.
Un’altra famiglia di cantastorie è quella dei Bampa originari di Isola della Scala (Verona), si muovono tra mercati e fiere con una utilitaria a furgoncino, il loro repertorio è costituto prevalentemente da storie dolorose.
Nella parte conclusiva del documentario, l’autore si sofferma sull’evoluzione e l’organizzazione dei cantanti girovaghi nel corso del tempo con le testimonianze di Agostino Campi e Lorenzo De Antiquis. Il primo è il figlio di Giuseppe Campi, editore di Foligno che alla fine dell’ottocento creò un’attività editoriale dedicata ai cantastorie e introdusse le cosiddette “Coppielle”, fogli con su scritto il testo delle canzoni . L’altro è il fondatore e presidente dell’A.I.C.A, l’associazione italiana cantastorie ambulanti per la tutela dei cantastorie italiani, che ha come obiettivo principale, oltre alla salvaguardia delle tradizioni, quello di ottenere la pensione per tutti i cantastorie d’Italia.