Dalle cronache recenti abbiamo letto che nel 1969 fu ” inaugurato nel quartiere Bolognina, su un terreno appartenuto al centro ricreativo dell’azienda tramviaria, “il primo asilo nido d’Italia”, intitolato a Carolina e Giuseppe Patini. La struttura, voluta dall’amministrazione comunale in anticipo sulla legge nazionale, è stata donata dall’industriale Aldo Patini a ricordo dei suoi genitori. Il progetto del nido è dovuto all’Assessore Adriana Lodi, che ha studiato in Svezia, assieme a un rappresentante della minoranza consigliare, le esperienze di welfare avanzato dei paesi nordici. Altri due nidi saranno aperti in seguito, adattando edifici comunali in via Fioravanti e in via Marco Polo. (https://www.bibliotecasalaborsa.it/cronologia/bologna/1969/il_primo_asilo_nido ).A questi tre asili nido sopra citati se ne aggiunsero poi tanti altri negli anni successivi, a Bologna e in tutte le città e Comuni d’Italia.
Ma va ricordato che questa meritoria attività di assistenza e cura della prima infanzia ha radici più lontane nel tempo, soprattutto nel secolo 1800, grazie all’impegno di tante personalità ispirate da ideali dapprima cristiani, poi illuministi, risorgimentali, borghesi-liberali e infine del solidarismo socialista.
Risulta infatti che un “Asilo per i Bambini Lattanti di Bologna” fu inaugurato nel luglio 1881 a cura della sezione femminile della Società Artigiana. L’istituto era ispirato ad analoghe realtà nate in Francia e a Milano. Il primo presidente fu Giovanni Malvezzi dé Medici; la commissione promotrice era composta da uomini politici eminenti come Gaetano Tacconi, Ferdinando Berti, Giuseppe Ceneri. La sede si trovava in via delle Lame n. 57 (Casa ex Facchini), in una zona di abitazioni popolari, e accoglieva nelle ore diurne bambini entro i tre anni di età, figli di operaie costrette ad assentarsi da casa per recarsi al lavoro. Lo dirigeva la signora Dina Viani. Per poterlo frequentare veniva richiesto un piccolo contributo di frequenza. Visto il crescente successo dell’iniziativa, nel 1906 venne aperta una nuova sede in via del Porto. Questi locali furono in grado di accogliere oltre un centinaio di bambini. Durante l’Esposizione Operaia 1900 di Bologna l’Asilo era presente con un “Padiglioncino contenente alcuni mobili in uso presso l’Asilo, lettino completo con bimbo in istucco, alcune relazioni, fotografie, ritratti di benefattori e di propugnatori delle Crèches”.
Ma una interessante e ben documentata storia delle istituzioni di protezione della prima infanzia è leggibile nel saggio di Elena Musiani “ Alle origini del sistema di Welfare moderno. La protezione dell’infanzia in Italia tra XIX e XX secolo” (pubblicato nel 2016) sul sito
https://storicamente.org/musiani_infanzia_storia_asili_nido , da cui riportiamo alcuni stralci significativi
PREMESSA
Nel 1837 la marchesa Brigida Fava Ghisilieri Tanari si faceva promotrice a Bologna di un’iniziativa che si richiamava alle moderne teorie educative in voga in quell’Europa erede della tradizione dei Lumi e che apriva, sebbene a piccoli passi, a un nuovo ruolo della donna nella società. Costretta a “rientrare” nel privato delle pareti domestiche, dopo aver conosciuto e sperato nelle idee rivoluzionarie di libertà ed espresso le prime ipotesi egalitarie, all’alba del XIX secolo la donna si vedeva relegata nuovamente al solo ruolo di moglie e madre, secondo i dettami dei codici napoleonici.
Tuttavia, anche all’interno di quella rigida codificazione, le donne seppero ritagliarsi un ruolo, quello di educatrici delle giovani generazioni, un compito che persino i testi religiosi riconoscevano come “innato” alla natura femminile, ma che queste figure seppero interpretare in chiave di emancipazione sociale prima, e politica in un secondo momento.
L’esempio delle “sale d’asilo”, e con esso lo sviluppo che assunse l’educazione delle giovani generazioni, può essere considerato un esempio del passaggio, nell’Europa occidentale, da una società di ancien Régime a una società moderna, dove non solo la donna, ma anche l’infanzia, andavano assumendo progressivamente significati e ruoli diversi e nuovi, fissando alcuni di quei principi che sarebbero stati alla base delle moderne idee di protezione sociale [Caroli 2014].
Alle radici del modello europeo
Nel contesto europeo l’insegnamento pre-scolare si presentò, sin dalle sue origini alla fine del XVIII secolo, sotto una doppia valenza: da un lato in qualità di istituzione educativa, dall’altro come modello di garderie, destinato ad aiutare le madri lavoratrici. Scuole per l’infanzia sorsero in molti paesi europei fin dal XVIII secolo, al fine di accogliere bambini bisognosi e impartire loro una prima educazione. Alla base di queste esperienze vi erano notabili locali, ospizi o congregazioni di carità. Ne è un esempio la sala aperta nel 1801 a Parigi da Madame Pastoret, nell’ambito della Societé de charité maternelle, sorta durante l’Ancien Régime al fine di evitare l’abbandono dei bambini. Lo scopo era quello di fornire un aiuto “a domicilio” alle madri povere e bisognose attraverso la creazione di “salles d’hospitalité” per i bambini lattanti. Riaperta a inizio secolo e sostenuta in questo caso da Napoleone I, la Societé istituì, nel 1801, un comitato di “mille dame” guidato da Adélaïde Pastoret, e Madame Dupont de Nemours – erede quest’ultima della tradizione riformista dell’età dei Lumi – allo scopo di agire in tutti i quartieri di Parigi e anche in altre città francesi per la creazione di asili per bambini molto piccoli e portare soccorso a quelle famiglie povere, dove entrambi i genitori lavoravano. Madame Pastoret scelse una suora di carità, sœur Françoise, …….
….Tuttavia si trattò di un esperimento di breve durata poiché quei dodici bambini furono i primi e gli ultimi ad essere accolti nella rue Miromesnil. Altrettanto breve e di portata limitata fu l’esperimento avviato nel 1802 dalla principessa Pauline de Detmold, allo scopo di creare un luogo non solo di accoglienza, ma dove i bambini potessero anche cominciare ad apprendere il ricamo, il canto e alcuni fondamenti religiosi. Restavano comunque esperienze singole e derivanti per la maggior parte da un’idea di carità, perlopiù di matrice religiosa, rivolta alle persone bisognose.
Occorrerà attendere gli anni Venti del XIX secolo per assistere alle prime forme di organizzazione di sale d’asilo. L’impulso venne in questo caso d’Oltremanica: il modello adottato fu infatti quello delle infant school ideate e realizzate nel 1816 da Robert Owen nella sua comunità modello di New Lanark vicino a Glasgow. …….
Nel 1826 la parigina Societé de la morale chrétienne, un’organizzazione filantropica di tendenze liberali che riuniva l’élite aristocratica e la nascente borghesia liberale della capitale francese, e su pressione anche di Emilie Mallet – sposa di un banchiere protestante e giovane madre – diede vita a Parigi alla prima sala d’asilo. La seconda sorgerà due anni più tardi, nel 1828, per desiderio questa volta del notabile cattolico Jean-Denis Cochin, parente del fondatore dell’omonimo ospedale e sindaco del XII arrondissement. ….
….In generale la creazione delle sale d’asilo determinò anche il passaggio a un nuovo modello di assistenza verso le classi più bisognose e rinnovò al contempo il concetto di carità cristiana a favore di una nuova filosofia riformatrice tipica della classe politica della Restaurazione. Consapevole delle esigenze moderne derivate dalla nuova “questione sociale”, questa élite di inizio secolo, erede della filosofia dei Lumi, si diede come obiettivo più ambizioso quello di una riforma profonda della società. Il riformatore della Francia della Restaurazione doveva essere un filantropo, un benefattore, un uomo moderno, attento ai nuovi mali della società……
—In questo desiderio di aiutare le classi più bisognose e di assistere l’infanzia ci si rese progressivamente conto che tra la fase di aiuto alle puerpere e l’accesso alle sale d’asilo restava comunque un vuoto che di fatto “abbandonava” i bambini neonati: quelli da zero a due anni (età a partire dalla quale potevano accedere alle sale d’asilo). Per sopperire a questa mancanza intervenne il sindaco del primo arrondissement di Parigi, Firmin Marbeau, il quale diede vita a un comitato – in questo caso composto da soli uomini – e avviò una collaborazione con il parroco della parrocchia di Saint Pierre de Chaillot, che portò, nel 1844, alla creazione della prima crèche (letteralmente “mangiatoia”, più ampiamente “presepe”): «douze berceaux, quelques chaises, quelques petits fauteuils, un Christ, un cadre sur lequel estaffiché le règlement, voilà de quoi se composait le mobilier de la Crèche!» [Marbeau 1845, 40]. Il modello scelto fu in questo caso quello avviato nel 1837 in Germania da Friedrich Froebel. Discepolo di Rousseau, Froebel ne condivideva l’idea del bambino creativo e l’importanza del gioco e aveva voluto ideare dei luoghi in cui le madri potessero lasciare i bambini e recuperarli dopo il lavoro. Il modello imitato a Parigi da Marbeau si iscriveva dunque a pieno titolo in quell’idea di beneficenza moderna, che alla nuova visione del “buon povero” aggiungeva un significato socio-economico al fine di trovare soluzioni moderne alla miseria sociale. Le crèches di Marbeau diventarono in breve tempo uno strumento di pace sociale che non rinunciava però all’appoggio della Chiesa – anzi nel caso delle crèches si fece ampio ricorso a un linguaggio e a una simbologia biblica – ma che si iscriveva pienamente nella società proto-industriale moderna….
Gli sviluppi dell’interesse per l’infanzia nella penisola italiana
Il modello italiano si richiamò in maniera esplicita a quelli avviati negli altri Stati europei nel corso della prima metà del XIX secolo. Nel nostro paese ne fu ideatore il sacerdote Ferrante Aporti, il quale nel 1828 a Cremona avviò le prime “scuole infantili” per i bambini bisognosi cui scopo era quello di occuparsi dell’educazione dei bambini della classi povere in città come nelle campagne, portando loro un «nutrimento materiale e spirituale» [Becchi, Ferrari 2009; Bressan 1998]. Scopo di questi istituti di carità era quello di «preservare» la società dai mali che sarebbero derivati da un’infanzia abbandonata al vizio ed all’ozio, cause primordiali dei mali della società. Questo modello, alla base di ulteriori esperimenti in altre città italiane nella prima metà del XIX secolo riservava alle donne “bennate” un ruolo di primo piano. Le Dame visitatrici, ispirate anch’esse ai precedenti modelli europei, erano donne della buona società, esponenti delle classi agiate, che, facendo appello al loro “naturale” ruolo di educatrici, dedicavano parte del loro tempo a queste opere caritative .….
L’esempio di Cremona non fu un caso isolato e sale d’asilo si formarono progressivamente in altre città italiane. In alcuni casi l’iniziativa partì anche da quelle stesse donne “bennate”, cui era di fatto riservato unicamente un ruolo di “materna supervisione”.
Ne è un esempio l’esperienza bolognese, dove a farsi promotrice della creazione delle moderne Sale d’asilo, fu la marchesa Brigida Fava Ghisilieri Tanari.
….. La modernità delle idee della marchesa non tardò a evidenziarsi anche nelle attitudini verso la “questione” sociale: fu lei a farsi promotrice nella città felsinea delle moderne sale d’asilo. Per sostenere la creazione degli asili e dimostrare al contempo la necessità dell’impegno femminile in questa attività a Bologna si formò nel 1836 una Società di lavoro in favore delle scuole infantili, il cui scopo principale era appunto di mostrare «i vantaggi materiali e morali che possono derivare da una Società di donne che si riuniscono per lavorare in pro dè bambini poveri accolti nelle scuole infantili»…..
L’iniziativa suscitò notevole clamore in città, dove l’autorità pontificia non vedeva di buon occhio un’iniziativa femminile troppo moderna e che si poneva in diretta concorrenza con le istituzioni caritatevoli derivanti direttamente dalle congregazioni. Certamente non aiutò la causa delle Signore bolognesi il fatto che tra i brani scelti vi fossero anche quattro brani di Silvio Pellico e fu così che l’autorità romana arrestò l’iniziativa prima ancora che si potesse dare vita a una di queste sale d’asilo. Fu solo dieci anni più tardi, nel 1847, che si assistette a Bologna alla nascita del primo asilo di impronta aportiana, per iniziativa questa volta di un uomo, il conte Carlo Marsili, il quale riuscì a ottenere formale approvazione dell’Arcivescovo. Gli Asili bolognesi potevano accogliere i «fanciulli poveri» di età «non minore di anni quattro e non maggiore di anni sei» i quali potevano rimanere nell’istituzione «sino agli anni otto, e non più oltre». Scopo primo dell’istituzione era quello di «curare la sanità e vigoria del loro corpo, educarli alla religione ed alla morale, informarli alle abitudini di ordine e lavoro»…..
Non mancarono poi altri esempi di donne attive nella ricerca di nuove forme di assistenza e attenzione verso la società e la condizione dei più bisognosi, sul modello di quanto accadeva nei vicini paesi europei. Un esempio fra tutti quello di Laura Solera Mantegazza, madre del più “famoso” Paolo, futuro autore di alcuni dei “manuali di comportamento” per le giovani fanciulle destinati a diventare best-sellers dell’Italia del secondo Ottocento ……
Nata a Milano nel 1813 da una famiglia della buona borghesia, Laura, come Brigida, fu una delle protagoniste della lotta per il Risorgimento nazionale. In seguito al fallimento della rivoluzione del 1848 ed alla delusione per le sorti della causa nazionale, la Mantegazza decise di dedicarsi alla cura dei più bisognosi ed alle condizioni di vita deplorevoli in cui versava quella classe operaia, cresciuta in modo esponenziale nella capitale lombarda. In particolare fu colpita dalla necessità delle madri lavoratrici, spesso costrette ad abbandonare i nascituri alla “ruota”. Essendo venuta a conoscenza dell’esperienza francese delle crèches, Laura chiese e ottenne, nonostante l’iniziale ostilità delle autorità ecclesiastiche, il permesso di ripeterne l’esperienza a Milano. L’autorizzazione delle autorità austriache giunse il 17 giugno 1850; a partire da quella data la Mantegazza avviò, in alcuni locali attigui alla sua abitazione, il primo Pio Ricovero per bambini lattanti e slattati. …..
Verso nuovi protagonismi femminili
«Dalla carità a una politica sociale». Questa frase, pronunciata in occasione del decimo Congrès Internationale des Femmes, Oeuvres et Institutions Féminines svoltosi a Parigi nel 1913 testimonia di un passaggio avvenuto in queste forme di assistenza, verso la nascita di forme di previdenza sociale che segnarono anche l’evoluzione dalla società tardo-ottocentesca a quella del nuovo secolo. Gli esempi degli asili della Società Artigiana e dell’Operaia di Bologna si inseriscono all’interno del mondo delle società di mutuo soccorso….
Elena Musiani
PS. Fin qui lo studio delle origini Ottocentesche delle sale d’asilo per bambini anche lattanti, che trovarono poi nel corso del secolo 1900 nuove risposte nell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia del regime fascista (ONMI) e nell’organizzazione degli asili nido istituiti nelle città e via via anche nei piccoli comuni, a cura dei Servizi Sociali pubblici dal dopoguerra ad oggi, dapprima regolamentati per legge nazionale del dicembre del 1971 n. 1044 , e atti successivi che li riconoscono come il primo tratto del sistema educativo e li ha legati alla scuola d’infanzia
*Foto 1 Asilo nido anni 50/60
**Foto 2: Bologna, II Esposizione Operaia Provinciale 1900. Sala A, Asilo bambini lattanti e arti grafiche. Fondo Brighetti, Collezioni Fondazione CaRisBo. Tutti i diritti riservati. Non è consentito alcun uso a scopo commerciale o di lucro.
** Foto 3 . Friedrich Fröbel a cui è riconosciuta la paternità del nome “Kindergarten”, con cui ribattezzò nel 1840 la sua “Scuola di giochi ed attività” fondata nel 1837 in Turingia (Germania). Le educatrici formate da Froebel aprirono Kindergarten in Europa e nel mondo.
Altre fonti:
https://www.storiaememoriadibologna.it/asilo-per-i-bambini-lattanti-226-organizzazione
https://it.wikipedia.org/wiki/Asilo_nido
https://www.ingenere.it/articoli/cinquantanni-di-nidi
http://www.bolognatoday.it/cronaca/nettuno-d-oro-adriana-lodi.html
http://www.asilinido.biz/articoli/articoli-e-notizie/normativa-sugli-asili-nido
https://curiosando708090.altervista.org/asilo-gioia-e-dolore-bambini-anni-60-70/