Il professor Marino Ortolani, grande ortopedico. Da Altedo a Bologna e Ferrara, e oltre. Biografia.

Testo di Giulio Reggiani
Premessa
Il 9 dicembre 2018 era uscita sul “Carlino – Cronaca di Ferrara” un’intervista ad un’attempata signora che mi aveva particolarmente colpito. Questa conversazione, a mio avviso, aveva un’importanza non comune e riguardava la famosa “Manovra di Ortolani”. Ma dove stava la particolarità del fatto, tanto da valere un articolo assai corposo sul giornale? Ecco la ragione: la signora Fiorella Zambardi, ottantunenne, visitata dal Prof. Marino Ortolani nel marzo del 1937, dichiarava testualmente: «Sono stata io la sua prima paziente!». La signora Fiorella raccontava poi ciò che la madre le aveva detto sulla manovra operata dal Professore nei suoi confronti, un mese dopo la sua nascita: «E sa come sono le mamme … Ortolani aveva l’abitudine, avendo in mano i bambini, di aprire le gambe per vedere le anche. Senza lastre, solo con quella manovra, si accorse subito che non ero a posto e mi fece portare al Centro Putti di Bologna. Sono stata il suo primo caso». Dice ancora la signora: «Nessuno credeva che avessi le anche spostate, ma il professore era sicuro … e tutte le settimane mi riportava a Bologna per vedere come andasse. Quando ho avuto i miei figli, li ho portati immediatamente da lui».
Il giornalista, nell’intervista, le chiedeva poi se non si fossero più rivisti e la signora Fiorella aveva risposto che l’ultima volta in cui aveva visto Ortolani le aveva fatto un segno dall’altra parte della strada; gli si era avvicinata ed egli le aveva raccomandato di porre attenzione alle anche, perché verso i settant’anni avrebbe avuto dei problemi. Il professore aveva ragione: proprio a quell’età la Zambardi aveva dovuto operarne una. L’intervista terminava con queste parole: «Personalmente il professore devo portarlo così, sul palmo di mano. Mi curò del tutto a sue spese e non volle mai niente. E’ stato una gran persona. E io sono sempre stata una camminatrice». Una pagina di giornale che veramente mi colpì, proprio per l’elogio incondizionato rivolto ad un medico da parte di una persona “comune”.
Ora, però, vorrei fornire al lettore una sincera biografia di un clinico che ha lasciato una traccia indelebile nella storia della scienza medica ed è nella memoria di tutti i suoi compaesani; inoltre è ricordato non soltanto in Italia ma anche all’estero.

Biografia

Il Prof. Marino Ortolani era nato ad Altedo (che a quel tempo era solo un piccolo centro agricolo tra Bologna e Ferrara) il 26 luglio 1904. Figlio di un mezzadro, gli era costato grande sacrificio intraprendere gli studi superiori: dalla campagna altedese era stato costretto assai spesso a montare su un carro per poter raggiungere la scuola. Inoltre, essendo il primogenito di quattro fratelli, doveva anche dare una mano al padre lavorando la canapa o le altre coltivazioni stagionali. Al conseguimento della Maturità al Liceo Galvani, il parroco del paese lo aiutò ad affrontare le spese universitarie all’Alma Mater di Bologna; laureatosi nell’estate del 1929, il neo-dottor Marino non ebbe neppure il tempo di godersi quel momento: il giorno dopo la laurea già prendeva servizio come “assistente” nel brefotrofio di Ferrara, in Via Savonarola, un luogo da cui non si sarebbe mai più separato.

L’Ortopedia, del resto, lo aveva attratto fin dall’università: lo dimostra la sua stessa tesi di laurea sul rachitismo, considerata degna del “Premio Vittorio Emanuele II. Incappare poi nel problema della lussazione congenita dell’anca, una delle tante piaghe sociali del tempo, fu inevitabile, trovandosi ad operare in zone particolari quali quelle del Basso ferrarese e del Delta del Po. Era pronto a recepire qualsiasi sollecitazione esterna, anche quella di mamme particolarmente sensibili e preoccupate; sta di fatto che la sua opera di propaganda sulla manovra, da lui applicata sul posto, ebbe un successo immediato. Convinto com’era della sua facile riproducibilità («Basta il solo uso delle mani e si può praticare in qualsiasi luogo» -diceva-) educò al suo procedimento anche le levatrici e le assistenti sanitarie, la cui azione sul territorio -o nei consultori- raggiungeva in maniera capillare tutta la provincia e oltre.
Il suo era un impegno totale, che lo portava ad agire in prima linea, in mezzo a mamme e bambini; ma, oltre a tutto questo, trovava anche il tempo per studiare: aveva mantenuto l’abitudine di alzarsi alle 4 di mattina e di fermarsi sui libri per tre ore prima di cominciare in modo pieno la sua giornata. In tal modo riuscì a superare, sostanzialmente da autodidatta, i concorsi per Primario ospedaliero e per la Libera docenza in Clinica Pediatrica e in Puericultura. Così scalò a poco a poco le gerarchie mediche di ruolo (fu Aiuto nel 1932 e Direttore nel 1938) e, parallelamente, nel 1943 l’ex brefotrofio di Ferrara venne ufficialmente riconosciuto come Reparto Pediatrico.
Il secondo conflitto mondiale lo coinvolse bruscamente: infatti Ortolani dovette abbandonare tutto, chiamato a partecipare alla tremenda campagna di Russia nonostante fosse già sposato e con due figli piccoli, Marco e Valentina. Col grado di Capitano Medico, gli venne affidata la direzione dell’Ospedale da campo della “Divisione Pasubio” nel bacino del fiume Donez (nell’attuale Ucraina): qui dovette affrontare impensabili emergenze, in particolare quella dei congelamenti di mani e piedi.
Ma si ammalò di malaria e, rischiando di morire, venne rimpatriato; così la moglie Lina, che per mesi non aveva più avuto sue notizie, poté rivederlo su un letto dell’Ospedale Militare di Bologna, con 40 chili in meno e privo di forze, ma salvo. I pericoli della guerra, purtroppo, non erano finiti. Dopo che lui stesso si era salvato miracolosamente, il prof. Marino Ortolani dovette proteggere tutti i bimbi ricoverati in Istituto a Ferrara, spessissimo sotto la minaccia di bombardamenti. Decise allora di farli sfollare a Copparo e per risolvere il problema del trasporto comperò, a suo spese, un somarello e un carretto; così, frequentemente e in bicicletta, percorreva il tragitto fra Copparo ed Altedo, perché là era rifugiata la sua famiglia. Ma le bombe continuarono a piovere ovunque e una di queste colpì l’edificio di Copparo adibito ad ospedale, facendo 31 vittime tra neonati, mamme e personale d’appoggio. Fu il dolore più grande della sua vita!

Nel Dopoguerra, l’Istituto di Via Savonarola tornò ben presto alla sua frenetica attività, registrando un afflusso crescente sia nelle corsie che negli ambulatori. Il Professore accoglieva tutti, senza distinzione di provenienza geografica o sociale; la sua presenza era assidua, anche perché abitava con la famiglia in una casa attigua alla struttura. Sul “Segno dello scatto”, Ortolani continuò a basare la diagnosi e la prevenzione, confermando che il test poteva risultare positivo fin dalla nascita (o entro i primi tre mesi di vita) e che era patognomonico. Cominciò a descrivere anche la manovra contraria a quella che portava la testa femorale nell’acetabolo: la chiamò “Scatto di uscita”. Sempre più convinto delle sue tesi, Ortolani si impegnò a sostenerle con una base scientifica e con riscontri obiettivi.

Alla soglia degli ottant’anni, una fredda mattina d’inverno del 19 gennaio del 1983, il Prof. Marino Ortolani morì serenamente nel suo letto, senza sofferenza e senza alcun lamento: infatti la moglie, che dormiva al suo fianco, non s’accorse di nulla.

Vorrei ora riassumere il valore del Prof. Ortolani fornendo al lettore un piccolo “albo d’oro”, cioè una piccola bacheca virtuale, in cui segnalerò soltanto le maggiori “onorificenze” e i più importanti “riconoscimenti” da lui ottenuti in Italia e nel mondo.

  • Comincerò con quella che a me sembra la più significativa: una medaglia d’oro offerta nel 1929 dai concittadini di Altedo come primo laureato in Medicina e Chirurgia del paese.
  • Continuerò dicendo che nel 1949 si aggiudicò il “Premio Palagi” di Ortopedia.
  • Poi, nel 1969, ricevette la medaglia d’oro dal Sindaco del Comune di Malalbergo, Primo Carlini, come riconoscimento al proprio concittadino per la sua brillantissima carriera che, come medico pediatrico, aveva avuto riconoscimenti in tutto il mondo.
  • Nel 1972 a premiarlo con una medaglia d’oro alla carriera fu l’Arcispedale Sant’Anna di Ferrara.
  • Proseguirei con la medaglia che, nel 1974, Ortolani ebbe l’onore di ricevere, con decreto dell’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Leone: una Medaglia d’argento al merito della sanità.
  • Due anni dopo un’altra medaglia, altrettanto nobile, gli venne consegnata nella città di San Paolo dalla Società di Pediatria di San Paolo del Brasile, paese in cui veniva considerato uno dei migliori specialisti al mondo, per le conferenze e le dimostrazioni pratiche che vi aveva tenuto.
  • Nello stesso anno, il 1976, la popolarità del suo contributo allo studio della lussazione congenita dell’anca toccò l’apice con la partecipazione a un simposio internazionale, organizzato dal Dipartimento di Chirurgia Pediatrica del Beaumont Hospital, nel Michigan (USA) a cui erano stati invitati i 40 più autorevoli specialisti del settore.

Ed ancora, dopo la sua scomparsa, a parlare e a scrivere per lui ci avrebbero pensato i suoi allievi e i suoi estimatori. Da allora, infatti, varie manifestazioni commemorative hanno scandito il tempo dei ricordi, fino praticamente ai nostri giorni.

  • Nel 1984 gli fu dedicata una lapide in Via Savonarola a Ferrara, sulla parete del vecchio Istituto Provinciale dell’Infanzia e sulla quale il Rotary Club Estense fece scolpire parole sentite e sincere, per ricordare a tutti le sue grandi doti di medico e di uomo.
  • Nel 1988 l’Università di Padova organizzò un simposio internazionale dal titolo “Congenital Hip Dislocation Today”, interamente ispirato a lui e ai suoi studi.
  • Nel 2004, in occasione del centenario della nascita, il Centro Numismatico di Ferrara gli dedicò l’annullo di un francobollo.
  • Nel 2005 fu addirittura la Società Pediatrica di Ortopedia del Nord America a consegnare un premio alla memoria, ritirato a Ottawa dal figlio, il prof. Marco Ortolani (scomparso nel settembre del 2008).

A Ferrara è ancor oggi operativo il “Centro Marino Ortolani per la diagnosi precoce e la terapia della lussazione congenita dell’anca” che gli è stato dedicato dalla Divisione Pediatrica dell’Arcispedale S. Anna.

Il nome di Marino Ortolani vive ancora nelle intestazioni di due vie, l’una a Ferrara e l’altra ad Altedo.

«Perché resti il ricordo / del Prof. MARINO ORTOLANI / che per mezzo secolo / qui profuse i tesori / della sua appassionata e instancabile ricerca / della sua acuta e illuminata intuizione / del suo calore umano verso le creature / più giovani e indifese / unendo la sapienza dello studioso / alla sensibilità del medico / vanto della città in Italia e nel mondo / il ROTARY CLUB di Ferrara / che lo ebbe socio ed amico / questo segno di riconoscenza pose / il 24 – 5 – 1984».

Questa è il testo della lapide commemorativa che si può vedere ancor oggi in via Savonarola al numero 15, vicino alla sede dell’Università di Ferrara, come detto poc’anzi. Il testo celebra uno dei suoi medici più famosi e meritevoli, vanto di quella città ed anche del suo paese natale, Altedo.

FOTO

1) Il prof. Marino Ortolani esegue la manovra (foto comparsa sul settimanale “Oggi” nel 1972).

2) Il prof. Marino Ortolani

3) 11 novembre 1969. Il Sindaco Primo Carlini consegna la medaglia d’oro al Prof. Marino Ortolani, come riconoscimento per la sua brillantissima carriera di medico pediatra.

4) La lapide affissa al palazzo di Via Savonarola, 15 a Ferrara.

Giulio Reggiani

*** Pubblicato anche sul “Ricettario 2019” della Sagra dell’Asparago Verde di Altedo I.G.P. 2019.