La strada Porrettana. Da Malalbergo a Ferrara. Appunti di viaggio. Franco Ardizzoni

 

Riprendiamo il nostro cammino sulla Porrettana: strada che i miei nonni chiamavano “Strada Alta” per il fatto che in alcuni tratti del suo percorso è sopraelevata di due-tre metri rispetto la campagna circostante. Mi ricordo che dalle finestre del primo piano della casa in cui sono nato e dove ho trascorso gli anni della mia infanzia (vicino a S. Prospero di Galliera), in certe limpide giornate invernali (gennaio-febbraio) si vedeva chiaramente la Strada Porrettana, proprio grazie alla sua posizione “alta”. Dicevano anche (i miei nonni) che era stata disegnata e costruita da un ubriaco, per le numerose curve che contiene.
Ricominciamo il percorso verso Ferrara da dove lo avevamo interrotto la scorsa volta: cioè da Malalbergo. Precisamente lo riprendiamo davanti all’attuale chiesa parrocchiale dedicata a sant’Antonio Abate (in foto sopra). Da un cartello turistico della Regione Emilia Romagna apprendiamo che l’attuale chiesa è stata costruita nel 1953 sullo stesso luogo della precedente, andata distrutta nel 1945 dai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale. La pala dell’altar maggiore, raffigurante la B.V. del Carmine, S. Antonio Abate e S. Francesco, è attribuita alla scuola dei Carracci. In un altare laterale della chiesa vengono conservati due stendardi usati nelle processioni dalla locale “Compagnia del Suffragio” uno dei quali porta ancora inciso il toponimo “Buonalbergo”.

 

Dopo circa un chilometro incontriamo il ponte sul Reno (che divide le due province di Bologna e Ferrara; in foto accanto), ed arriviamo subito nella località Gallo, in comune di Poggio Renatico: siamo sulla Porrettana ferrarese. Secondo Alfonso Rubbiani (1) questa località prenderebbe il nome dai Galli Boi i qual i, dopo la sconfitta subita ad opera dei Romani, in piccoli gruppi si erano assestati ai margini del territorio bolognese: “I vinti divenuti alleati, erano in guerra posti a luogo con avvedutezza, perché fossero o utili contro i nemici o alla peggio innocui alle legioni. Il fatto pertanto dei nomi ricordanti i Galli che quà e là restano ancora nel nostro agro e che in assai maggior numero e più
integri mantenevansi nel Medio Evo, come ad es. Limes Gallicus, Gallisianum (presso Rastellino), Campus Gallianus (presso Nonantola), Gallisanum (sotto Quaderna), Gallo ferrarese (presso Poggio Renatico), rimarrebbe ovviamente spiegabile da questa consuetudine romana di fissare in centurie speciali, lungi dai Municipii, gli avanzi rimasti in paese dei nemici debellati. E Galli erano appunto i Boi occupatori, prima dei Romani, di tutto l’agro
”. La località Gallo in passato faceva parte del comune di Malalbergo, da cui dista circa 2 km. Con l’inserimento del Reno nel ramo abbandonato del Po di Primaro (1767-1795), i due paesi furono divisi ed in seguito (dicembre 1860) la borgata del Gallo fuassegnata al comune di Poggio Renatico ed alla provincia di Ferrara.

La località Gallo un tempo erastazione di posta a cavalli; con l’inaugurazione del tronco ferroviario Bologna-Ferrara, nel gennaio del 1862, la stazione di posta fu chiusa. (2)

L’Inalveamento del Reno non bastò però a rendere queste terre più sicure. Le acque del fiume invasero il paese e le campagne per ben quattro volte nel corso dell’Ottocento: nel 1842, nel 1864, nel 1889 e nel 1896 (3). A metÃdel Novecento il Reno ruppe altre tre volte: La prima rotta avvenne il 27 novembre 1949 (di cui si può vedere una impressionante immagine, che qui riproduciamo, tratta dal libro “I Settant’anni della Bonifica Renana”). La seconda rotta, del gennaio 1951, avvenne soprattutto per il fatto che le arginature erano di fresca impostazione ed imbevute delle abbondanti piogge cadute nel  precedente mese di dicembre. La terza rotta, sempre nello stesso punto, del febbraio 1951, fu la più disastrosa. (4) La borgata del Gallo fu quasi completamente distrutta, con conseguente inondazione di una vastissima zona del Ferrarese. Quando le acque si ritirarono il livello delle campagne più vicine al fiume era aumentato di circa un metro. (Quello stesso anno, 1951, anche il fiume Po ruppe il suo argine sinistro in località Occhiobello ed inondò tutto il Polesine di Rovigo, con enormi danni alle cose ed alle persone.)

 

La chiesa parrocchiale di Gallo (in foto a lato) è dedicata alla santa bolognese Caterina Vigri (8 sett. 1413 – 9 mar. 1463). In una lapide murata sotto il portico della facciata della chiesa leggiamo questa scritta: “Questa chiesa – eretta in parrocchia nel 1794 – più volte ampliata – e ricostruita in seguito a distruzione per eventi bellici – fu interamente ristrutturata per la nuova liturgia – e consacrata il 26 aprile
1972 “
Riprendiamo il nostro giro verso Ferrara e dopo pochi chilometri arriviamo a Montalbano (km. 131,3), piccola borgata di circa 1.000 abitanti, in comune di Ferrara. Notiamo e fotografiamo la sua chiesa parrocchiale, dedicata a S. Antonio da Padova come dimostra una formella sopra la porta principale. Di questa chiesa non siamo riusciti ad avere notizie circa la sua storia e la data della sua erezione.

Arriviamo quindi in località Uccellino, da cui si vede la Torre, detta appunto dell’Uccellino ( km. 135) posta sulla strada provinciale che porta a Poggio Renatico. Anticamente questa località era detta terra  di Lusolino (dal dialetto “l’uslén ” diventata Uccellino). La torre, eretta dal comune di Bologna nel 1242, era l’estremo confine verso il ferrarese (Ferrara dista appena sei chilometri). Da questa località anticamente passava una strada (o meglio una pista) percorsa da mercanti e artigiani con le loro carovane sommeggiate, e i “romei del nord pellegrinanti a Roma, subendo spesso le angherie dei gabellieri al ponte e Torre di Lusolino, che arrivavano perfino a portar via le scarpe a chi non aveva il soldo per il pedaggio”. (5)

 

Ancora due-tre chilometri ed arriviamo a Chiesuol del Fosso. Qui troviamo un cartello sul quale èscritto che termina il controllo dell’ANAS, Compartimento di Bologna, sulla S.S. 64. Ufficialmente la Porrettana termina qui, al km. 137,580. Da questo punto il tratto che prosegue per Ferrara è comunale e si chiama Via Bologna. Chiesuol del Fosso è un nome che ha generato in me, fin da bambino, un certo fascino, un sentimentoquasi di tenerezza verso un edificio a cui qualcuno ha voluto assegnare un nome grazioso (e bisogna dire che in queste cose i ferraresi, con il loro dialetto, sono formidabili). La denominazione di Chiesuol del Fosso scaturisce da un antico fossato che fino al secolo scorso scaricava le acque dei terreni paludosi della tenuta Sammartina. Si chiamò così anche per distinguerlo da altre località che stavano sorgendo intorno a Ferrara, come Torre Fossa, Fossanova S. Biagio, Fossanova S. Marco. (6) Ho fatto delle ricerche, e mio cugino Dario Presini, che abita lì vicino, mi ha procurato un libro a cui ha collaborato anche il parroco, don Umberto Poli.  L’attuale territorio della parrocchia di Chiesuol del Fosso anticamente era denominato tenuta della Sammartina, in località S. Martino della Pontonara, proprietà degli Estensi fino alla fine del XVIII secolo. Nel 1291 il vescovo di Ferrara Federico, avendo saputo che nel Dosso della Pontonara, di proprietà della Curia ferrarese, avvenivano frequentemente omicidi, rapine, violenze ed infiniti abusi, per dare sicurezza ai viandanti, specialmente ai pellegrini, investì per diritto di feudo il potente e valoroso Gozio dei Lambertini di Bologna.

Nella seconda metà de lQuattrocento la famiglia Estense, con il marchese Borso, che nel 1471aveva ottenuto il titolo di duca di Ferrara da papa Paolo II, dopo varie avvedute contrattazioni, acquistò le grandi valli della Sammartina, costituite da terreni paludosi, boschivi e praterie.
Nell’intento di trasformarli in terreni produttivi i duchi di Ferrara avviarono numerose imprese di bonifica e di prosciugamento,
che hanno lasciato sul territorio ferrarese testimonianze ancor oggi visibili.
Il successore di Borso, il fratello Ercole I d’Este, nel 1494 iniziò la bonificazione delle paludi di S. Martino della Pontonara. Il comprensorio prosciugato fu delimitato e difeso da un argine circondario che si staccava dalla riva destra del Po a Porotto e, seguendo il corso del Ladino (Riolo), raggiungeva Torre del Fondo, sul confine bolognese e quindi S.
Martino della Pontonar
a, posto sul canale navigabile per Bologna (Navile). La denominazione  della “Pontonara”, deriva dai “ pontoni “, un insieme di tavole poste su due barconi, usati specialmente per traghettare gli animali.

Nel 1501 Ercole ottenne dal vescovo di Ferrara di poter ampliare il perimetro della zona di bonifica fino a comprendere le terre di S. Martino, S. Egidio e Marrara, su cui c’erano diritti feudali della Mensa Vescovile, separando con un nuovo argine le terre più depresse, Ercole fece raccogliere tutte le acque basse in un nuovo canale collettore denominato Cavo Ducale o Fossa della Sammartina.La tenuta della Sammartina fu venduta dalla Camera Ducale di Modena al conte Giovanni Pallavicini con rogito 18 agosto 1716. Il conte Pallavicini, con rogito 18 aprile 1756, la vendette alla Camera Apostolica di Roma, sotto il  pontificato di papa Clemente XIII. Nel 1796 Napoleone Buonaparte, che aveva sconfitto l’esercito austriaco, per diritto di conquista si impossessò anche della provincia di Ferrara, nonché ditutti i beni Camerali pontifici, compresa la Sammartina, che poi diventarono proprietà della Repubblica Cispadana. Il 29 marzo 1797 le autorità della Repubblica Cispadana vendettero la tenuta a Domenico Bottoni, negoziante e banchiere di Ferrara, il quale, il 3 febbraio 1808 vendette la Sammartina ai fratelli Antonio e Francesco REVEDIN di Venezia per il prezzo di scudi 286.000, bajocchi sessanta e denari 3, pari a lire italiane 1.520.522. (La famiglia Revedin è la stessa che nel 1857 acquistò la villa Belvedere, sui colli di Bologna, dal Cumolo della Misericordia.I Revedin erano originari del Veneto; in seguito si erano trasferiti a Ferrara e venivano a trascorrere l’estate in questa villa di Bologna che ancor oggi porta il loro nome e che dal 1929 èsede del Seminario Arcivescovile)

Nella località Sammartina giÃnel 1506 esisteva una piccola chiesa che usufruiva di una modestadote di terreno, donato da Giovanni Pasqualetti di Ferrara. Lachiesa, sorta come oratorio per gli operai che lavoravano all’arginatura del fiume Reno, dipendeva dal plebanato di S. Martino della Pontonara e la Casa estense pagava un canone annuo di 40 scudi per il mantenimento del sacerdote addetto alle funzioni religiose dell’oratorio.  Da rilevare che in tutti gli atti di passaggio di proprietà della tenuta si menziona sempre l’oratorio della Sammartina, eretto affinchè la popolazione potesse compiere i propri doveri religiosi.

La nobile famiglia dei marchesi Revedin (marchesi di S. Martino), succeduta nella proprietà della tenuta, divenne anche proprietaria dell’oratorio e vi mantenne l’officiatura della messa nei giorni festivi.

Il 23 aprile 1923 il marchese Pietro Revedin fu Giovanni, vendeva per la cifra di 30.000 lire la chiesa, l’annesso terreno e l’abitazione, alla Curia arcivescovile diFerrara. Il 15 agosto 1923 l’arcivescovo di Ferrara, monsignor Francesco Rossi, istituiva la parrocchia di
Chiesuol del Fosso. (7)

 
Franco Ardizzoni

Note

 
  1. A. RUBBIANI. A proposito del
    nome di Porta Galliera
    . Tip. Fava e Garagnani. Bologna 1893.

  2. E. CAVICCHI. Il Fiume Reno –
    Storia e Percorso dall’Appennino all’Adriatico.
    A cura di
    Oriano Tassinari Clò. Ed. Luigi Parma – Bologna 1989.

  3. AA. VV. L’Emilia Romagna
    paese per paese
    . Bonechi, Firenze 2005.

  4. AUTORITA’ DI BACINO DEL RENO –
    R.E.R. – Le Piene più significative del Reno nel XX
    secolo.
    (Internet)

  5. E. CAVICCHI. Il Fiume Reno…op.
    cit.

  6. L. MARAGNA. La chiesa
    parrocchiale di Chiesuol del Fosso
    . Corbo Editore. Ferrara 1998.

  7. L. MARAGNA. La chiesa
    parrocchiale
    …op. cit.

    (*)  Articolo e foto di Franco Ardizzoni, già pubblicati sulla rivista periodica “Al sâs” n°. 14, 2°sem. 2006