E’ stata un’ottima occasione per saperne di più sul tema delle bioenergie , prodotte da colture agricole o da biomasse; tema al centro del Convegno “Dall’agricoltura l’energia rinnovabile“ che si è tenuto l’altra sera (27-1-2006) a Villa Smeraldi-Museo della civiltà contadina di S. Marino di Bentivoglio, davanti ad un pubblico numeroso, attento e partecipe.
Convegno organizzato dal nostro Gruppo di Studi pianura del Reno e dall’Istituzione Villa Smeraldi, sulla spinta del comune desiderio, espresso in apertura dai rispettivi presidenti Magda Barbieri e Valerio Gualandi , di trovare nuove strade e nuove prospettive per dare un futuro ad una “civiltà contadina” che in questa sede conserva le memorie del suo passato, e che ora deve saper superare, ancora una volta, un momento di crisi e rispondere alle esigenze del proprio tempo.
E mai come in questi giorni è apparsa chiara e forte l’esigenza di trovare proprio nel mondo agricolo le risposte alla necessità impellente di produrre fonti di energia rinnovabile , per contribuire a fronteggiare la debolezza del nostro attuale sistema di approvvigionamento energetico.
Tutti i relatori, pur non nascondendo le difficoltà tecniche ed economiche che ancora gravano sui progetti e le esperienze in atto in Italia e all’estero, hanno concluso i loro interventi con un messaggio incoraggiante: le potenzialità e le possibilità ci sono, ma bisogna che le Istituzioni pubbliche e il mondo agricolo uniscano e coordinino i loro interventi per passare alla fattibilità , puntando sulle colture più adatte al nostro clima e ai terreni, alle tecnologie di trasformazione più aggiornate ed economicamente sostenibili, e con minori effetti collaterali sull’impatto ambientale e sul paesaggio.
Il Direttore di Villa Smeraldi, Silvio Fronzoni, in apertura, ha introdotto l’argomento con una annotazione storica, ricordando che già nei secoli scorsi si era scoperta la possibilità , mettendola anche in pratica, di ricavare olio combustibile ad uso di illuminazione, da coltivazioni agricole come la colza.
L’intervento tecnico più esauriente è venuto dal dott. Marco Caliceti docente dell’Università di Bologna, Dipartimento di Economia e Ingegnerie agrarie, che ha tracciato un’ampia panoramica delle possibilità di ricavare bioenergie, biodiesel e etanolo, da biomasse o da diverse colture “dedicate”, annuali o poliennali, adatte alle nostre zone, come i girasoli, la colza, alcuni cereali, le barbabietole, evidenziando, dati alla mano, vantaggi e punti deboli della filiera biodiesel, quanto e cosa ci si può ricavare e a quali costi, citando studi ed esperienze in Europa (Germania e Francia in particolare) e in America (USA e Brasile soprattutto); Paesi nei quali si è già andati molto più avanti di noi nella ricerca e nella produzione.
Rispondendo ad una osservazione espressa dal pubblico, Caliceti ha precisato anche che in effetti ci sono alcuni problemi per l’utilizzo dell’olio di colza come combustibile per far funzionare auto e trattori; occorre qualche modifica al motore , se non si vuol rischiare di bruciarlo, e il carburante biodiesel non può essere usato da solo, ma in miscele, con percentuali variabili dal 5 al 30%, che costituiscono comunque un fattore di risparmio e di beneficio per l’ambiente.(* v. diapositive in articolo a parte).
Sergio Bertuzzi, socio del nostro Gruppo con lunga esperienza nel settore saccarifero, come dirigente e come tecnico-chimico nella Co.pro.b di Minerbio, ha illustrato un progetto mirato a modificare l’impiantistica di uno zuccherificio, per riconvertirlo alla produzione di energia, ricavabile da un diverso trattamento di bietole o altri vegetali, e utilizzabile per il proprio fabbisogno e per il territorio. Progetto che richiederebbe certamente un cospicuo investimento, recuperabile però nell’arco di alcuni anni , che consentirebe comunque di salvare l’attività e le possibilità di lavoro che gravitavano finora su questo importate polo agroindustriale che, diversamente, si trova ora alla vigilia dell’estinzione.(* v. diapositive a parte)
Mauro Mengoli, imprenditore agricolo di Castenaso, ha raccontato la sua positiva esperienza di “allevatore di batteri”, curiosa ma efficace espressione per definire l’attività del suo impianto, creato 5 anni fa, per produrre biogas ed energia dagli escrementi prodotti dal suo allevamento zootecnico. Anche lui ha citato l’esempio della Germania, a cui si è ispirato, riferendo che in quel paese ci sono già tanti impianti , di diverse dimensioni, che hanno utilizzato e migliorato i prototipi italiani progettati, e accantonati , dall’Italia 15 o 20 anni fa. Certo ci vuole una barca di soldi – ha detto- per avviare un impianto a biogas, ma ne vale la pena; in pochi anni si può rientrare della spesa e, se gestito con oculatezza, vi si può ricavare una fonte di reddito alternativa per l’impresa agricola. Occorre però modificare la legislazione regionale attuale che classifica il “digestato” (sottoprodotto dalla trasformazione degli elementi organici) come rifiuto tossico, quando invece potrebbe essere classificato come rifiuto zootecnico e quindi utilizzato come concime ammendante.
E’ intervenuto anche il Consigliere provinciale Alfredo Vigarani che ha manifestato l’esigenza di conciliare tutti gli aspetti di questo complesso tema delle bioenergie quando si dovranno definire i futuri necessari programmi di intervento: produrre energia pulita, con resa economica per l’agricoltore, salvaguardando il paesaggio.
La preoccupazione per la salvaguardia dell’equilibrio naturale e del paesaggio è emersa anche da un altro intervento dal pubblico, poichè si nutre qualche timore che eventuali futuri impianti per produrre biogas, se non ben valutati preventivamente nel rapporto costi-ricavi ed effetti sull’ambiente, possano rivelarsi più un male che un bene. Ma c’è stato anche chi ha posto l’accento sul rischio reale e incombente dell’abbandono della terra, se non si troveranno nuovi sbocchi per l’agricoltura.
All’Assessore regionale all’Agricoltura, Tiberio Rabboni, è toccato il compito di trarre le conclusioni del dibattito, partendo dall’analisi della situazione attuale, contrassegnata dal grande disagio degli agricoltori, che si sentono soli e abbandonati, per molte e valide ragioni: la riduzione dei fondi italiani ed europei per il sostegno all’agricoltura, le politiche del WTO che decide per tutti a livello mondiale, l’entrata massiccia sul mercato di soggetti che producono a prezzi bassi, per le note differenze sociali , economiche e di minor tutela dei diritti sindacali.
Errore pensare che si possa fare a meno dell’agricoltura in Italia. E’ interesse di tutti favorire lo sviluppo di una agricoltura moderna, imboccando anche la strada delle bioenergie; settore nel quale l’Italia è in grave ritardo rispetto ad altri Paesi. Basti pensare che in Germania ci sono già 2.000 distributori di biodiesel.
E’ indispensabile- ha sottolineato Rabboni- la mano pubblica, per regolare la pianificazione degli interventi, compensare il divario e lo svantaggio iniziale che viene dai costi attuali per la produzione di bioenergie, ancora troppo elevati, e sostenere coloro che fanno investimenti in campo agroindustriale.
Cosa si può fare qui da noi, in Emilia Romagna e nel bolognese in particolare?
Il Piano Energetico regionale sta muovendo i primi passi e prevede una consistente produzione di megawatt da fonti rinnovabili, tra cui 300 m. da biomasse vegetali. Il nuovo Piano di Sviluppo rurale, pur diminuito del 13%, prevede cofinanziamenti per 15 progetti di aziende agricole sperimentali per produrre biogas da reflui zootecnici e da materiali vegetali di origine agricola. Perchè è dalle aziende che bisogna partire. Bisogna attivare una ricerca sul territorio per verificare le possibilità di reperire la materia prima per gli impianti a biogas; e incoraggiare alcune esperienze attraverso un contributo a consorzi di aziende che producano energia con piccoli impianti, in raccordo con l’attività agricola.
Occorre anche cogliere l’opportunità che viene dalla “disgrazia” della crisi dello zucchero e della prossima chiusura di tanti zuccherifici , per promuovere la riconversione di qualcuno degli impianti; anche se non sarà certo possibile per tutti e 6 quelli rimasti in Emilia Romagna. Inoltre, nella programmazione dei nuovi insediamenti bisognerà valutare che vadano commisurati con le possibilità di utilizzo energetico e premiando quelli correlati a progetti di risparmio.
Valerio Gualandi, nel congedare gli intervenuti, ha espresso la soddisfazione dei promotori per la buona riuscita del convegno, che ha raggiunto il proprio obiettivo di fornire informazione e fare da stimolo per la soluzione dei problemi.
m. bar.
(**) La foto dei relatori del Convegno è di Mauro Fizzoni